I suoni delle valli
di Veronica Saggiorato (Biblioteca della Montagna – SAT – Servizio Civile)

Oggi tutto il mondo conosce il folklore musicale tipico delle montagne. Per molti di noi brani come La pastora, Le Dolomiti e Testamento del Capitano sono la colonna sonora dell’infanzia, delle giornate passate coi nonni e delle scampagnate in montagna. Una volta, però, queste belle canzoni tradizionali rischiavano di essere dimenticate per sempre.

Già ai tempi del Concilio di Trento (1545) alcune scelte molto restrittive sull’uso e sulla composizione dei brani liturgici limitarono in parte l’espressione popolare che, seppur conservata sotto forma di brani di tradizione laica dai temi più vari, è andata più volte incontro all’inabissamento e alla trascuratezza. Nell’uomo (fortunatamente) permane però l’esigenza primordiale di fare dell’esperienza virtù e di raccontare i sentimenti e gli avvenimenti, in primis sulle note improvvisate intorno ad un fuoco.

Nei secoli sono nate poesie armoniose sulla natura, sugli amori, sulla vita e, purtroppo, anche sulla guerra, che canticchiamo tuttora sottovoce grazie all’interesse un po’ fortuito di alcuni individui che hanno raccolto quelle melodie, caratteristiche del territorio, in un periodo della nostra Storia dove perdere la propria identità era una preoccupazione costante e incombente.

Della curiosità verso il folklore locale abbiamo testimonianza nel 1892 con la pubblicazione satina, redatta da C. Pergolesi e illustrata da B. Bezzi, intitolata Canti popolari trentini, già successiva alle raccolte di maitinade della Rendena, tradizionali poesie cantate, ricercate ed inserite negli Annuari dal Bolognini.

Una serie di circostanze, tanto drammatiche quanto necessarie per la musica di montagna, sono state poi le diverse peregrinazioni vissute dalla famiglia Pedrotti tra i due conflitti mondiali. Internati nel Lager di Mitterndorf all’inizio della Prima Guerra Mondiale, i giovanissimi fratelli Pedrotti (Enrico, Mario, Silvio e Aldo) conoscono “melodie e canti di gente distante [boemi e valligiani trentini], costretta a convivere”, mentre durante il Dopoguerra incontrano il mondo canoro dei soldati italiani, integrato con la Seconda Guerra Mondiale dalle esperienze nei campi di concentramento e dei conflitti in Grecia e in Russia di amici altrettanto appassionati. “Iniziano così, con naturale musicalità, a riecheggiarli con crescente cura di emissione canora. Le melodie, con il costante esercizio, si arricchiscono di controcanti […]”.

Il grande amore per la musica e l’affetto per i canti tradizionali imparati a più riprese sono scaturiti nel 1919 nella Gran Corale Società Duli-Oli-Oli-À di voci miste, scioltasi nel 1925 per impegni di studio e di lavoro di alcuni componenti. Nello stesso anno la canzone La Paganella di P. Padulli e L. Pigarelli vince il concorso dei canti popolari, diffondendosi immediatamente tra i componenti della SUSAT ed entrando di lì a breve nel repertorio del coro più famoso del Trentino.

Il 26 maggio 1926, poi, è ricordato come memoria fondante, ormai divenuta quasi leggenda, del cosiddetto Coro della SOSAT, in cui però “solo qualcuno di noi aveva la tessera della società”. Senza scendere in dettagli che ancora oggi possono riaccendere la miccia della discordia tra i più appassionati, basti sapere che la sigla della società operaia viene mantenuta fino al 1938, sostituita in parte già precedentemente da SAT. Come avviene nel 1933, quando, su iniziativa di E. Pedrotti, il coro incomincia a incidere i primi dischi per la Columbia, composti da quei brani imparati dai fratelli durante l’infanzia e cantati ad orecchio. Cinque anni più tardi il coro, nuovamente identificato come SOSAT, partecipa alla prima trasmissione EIAR via cavo tra Italia (Milano e Roma) e Stati Uniti d’America (New York), mentre, sempre nel 1938, il nome viene definitivamente cambiato in Coro della SAT per partecipare ai festeggiamenti a Roma.

Solo una breve pausa negli anni della Seconda Guerra Mondiale ferma il grande lavoro di rielaborazione e arrangiamento che Silvio Pedrotti, insieme ad altri nomi importanti come Antonio Pedrotti, Luigi Pigarelli e Arturo Benedetti Michelangeli (ma non solo), porta avanti con entusiasmo, andando a definire un repertorio che farà scuola per altri gruppi di cantori locali, con musiche “colte” e armonie ricercate.

La fama dei canti popolari di montagna è accresciuta di pari passo con il successo conquistato a livello mondiale dal Coro della SAT e dal Coro Trentino della SOSAT, ricostituito nel dopoguerra. Esibizioni nei diversi continenti hanno fatto conoscere brani e musiche di terre lontane ed i coristi satini “oggi entrano in palcoscenico sapendo di essere ambasciatori d’un modo di vivere la musica che non delude, dispensatori di un repertorio che non ha confini regionali né nazionali […]”.

FOTO © “Coro della SAT al Rifugio Tuckett, 21 settembre 1969” – Archivio fotografico SAT