15 sentieri per i 150 anni

Sentiero 5 – Rifugio Larcher e piana del Càreser

Un anello tra storia e risorse idroelettriche

Itinerario ad anello che da Malga Mare porta al Rifugio Cevedale “Guido Larcher” per poi ritornare alla Malga, passando per il Lago Nero ed il Lago di Càreser con la sua suggestiva diga.

Gruppo Montuoso: Cevedale – Cima Venezia

Comuni: Peio

Difficoltà Generale: E

Sentieri SAT: O102, O104, O123

Itinerario: Salita da Malga Mare al Rifugio Cevedale “Guido Larcher” e rientro a Malga Mare attraverso il Lago Nero e la diga del Lago Càreser

Dislivello salita / discesa: ↑667 m / ↓667 m

Nome Località N. segnavia Quota (m.s.l.m.) Distanza (metri) Andata (hh:mm) Ritorno (hh:mm) Diff.
Centrale di Malga Mare 1969 00:10
Malga Mare [102] 2032 460 00:10 00:30 E
Pian Venezia [102] 2275 1420 00:40 00:40 E
Rifugio Cevedale “Guido Larcher” [102] 2607 2350 01:00 00:20 E
Val Lago Lungo [104] 2636 1320 00:20 00:05 E
Val Lago Lungo [104] 2632 270 00:05 00:30 E
Lago Nero [123] 2625 1420 00:30 00:05 E
Pr. il Lago Nero [123] 2614 290 00:05 00:15 E
Diga del Càreser [123] 2604 860 00:15 00:40 E
Cresta “Le Lame” [123] 2407 1440 00:30 01:20 E
Centrale di Malga Mare [123] 1969 2720 01:00 E
Totali 12550 04:35 04:35

Dal parcheggio della Centrale di Malga Mare, raggiungibile in auto o con navetta dal paese di Cogolo, imboccando una stradina a fondo naturale che s’alza fra i pascoli, si raggiunge in pochi minuti Malga Mare (ristorante). Qui ha inizio una comoda mulattiera che risale con ampie svolte il rado bosco di abeti e cirmoli fino alla base di una balza rocciosa che costeggia verso destra. Usciti dal bosco e attraversati alcuni rivi con percorso panoramico, si continua per il pendio a pascolo fino alla soglia glaciale che si affaccia sul Pian Venezia e la cima del Cevedale. Nei pressi del Baito Pian Venezia, superato il bivio con il sentiero 146 che a destra conduce al Lago Lungo, ora su evidente tracciato, si cala brevemente a margine della suggestiva e ampia conca percorsa dal Noce Bianco. Con una lunga diagonale il tracciato rimonta gradatamente il ripido fianco sinistro orografico della Val Venezia dal quale si possono ammirare le imponenti ed eleganti morene glaciali che fino qualche decennio fa rinserravano il fronte dell’allora poderosa Vedretta de la Mare. Aggirato un contrafforte roccioso, si arriva al Rifugio Cevedale “Guido Larcher”, posto in splendida posizione sul ciglio della balza che domina l’alta Val Venezia. Dal rifugio si sale lungo il tracciato 104 fino alla dorsale rocciosa, dove inizia una breve discesa fino al bivio con il sentiero 146: da lì si procede dritti per qualche centinaio di metri fino al bivio con il sentiero 123, che si prende svoltando a destra. Si prosegue quindi sul comodo sentiero 123 che, dopo una breve digressione per aggirare un costone roccioso, procede lungo il camminamento che sormonta il canale di gronda che convoglia le acque della Val Lago Lungo al bacino del Càreser, fino a raggiungere il Lago Nero. Lasciando a sinistra il sentiero 104A, che è diretto alla Vedretta del Càreser, si scende lungo una scalinata rocciosa fino a raggiungere l’estremità orientale del Lago di Càreser. Il tracciato si abbassa ora per traversare, ai piedi della diga, la valletta del Rio Càreser, rimontando poi al termine della grande opera di sbarramento. Quest’ultimo tratto può essere evitato percorrendo il camminamento lungo il coronamento della diga, usualmente aperto al passaggio degli escursionisti. Si arriva quindi agli edifici di servizio dell’opera, da dove si gode di una splendida vista sul trittico Vioz-Palon de la Mare e Cevedale, ed ha inizio la discesa. Dopo aver aggirato il costone roccioso chiamato le Lame, si supera il bivio con il sentiero 140, che proviene da sinistra, e si continua la discesa tra i bei pascoli alpini, dove frequentemente si avvista qualche camoscio. La discesa prosegue tra radi larici e cirmoli e, dopo aver aggirato una fascia di balze rocciose, si raggiunge una mulattiera che scende per i boschi, prevalentemente di pini cembri, e, dopo aver fiancheggiato il Rio Càreser, arriva al piazzale antistante alla Centrale idroelettrica di Malga Mare.

Ci troviamo sotto il Cevedale (3769 m), la più alta cima del Trentino, anche se una parte sconfina in Alto Adige (la cima secondaria, Zufallspitze, 3757 m). La Zufallspitze venne salita per la prima volta nel 1864 dal celebre geologo Edmund von Mojsisovics (co-fondatore dell’Österreichischer Alpenverein) con Sebastian Janiger. Sulla cima principale arrivò invece l’anno dopo Julius Payer, con le guide Johann Pinggera e Joseph Reinstadler; i tre salirono dal Passo Cevedale per la cresta nord-est.

Il luogo dove edificare il nuovo rifugio ai piedi del Cevedale venne scelto nell’agosto del 1881, nel corso di un’escursione compiuta dall’allora segretario della SAT Silvio Dorigoni con il delegato Annibale Salvadori e la guida alpina Domenico Veneri. La SAT acquistò 100 mq di terreno dal Comune di Cogolo e i lavori vennero compiuti dall’impresa “Fratelli Pietro e Domenico Fiori” di San Lorenzo per l’importo di 1.100 fiorini. Il 24 agosto 1892 il nuovo rifugio venne inaugurato in occasione del 10° Ritrovo estivo della SAT a Pinzolo. Il rifugio riscosse subito un grande interesse e l’afflusso di escursionisti ed alpinisti fu tale che già ai primi del Novecento si pensò ad un ampliamento della struttura con una sopraelevazione. Il rinnovato rifugio venne inaugurato nell’ambito delle manifestazioni per il Congresso Polisportivo il 20 agosto 1908. Tra il 1939 ed il 1942 la SAT cedette provvisoriamente il rifugio al CAI di Milano e la sezione milanese lo intitolò a Guido Larcher; quando il rifugio tornò ad essere gestito direttamente dalla SAT venne mantenuta la dedica. Accanto al rifugio si trova la chiesetta dedicata alla Madonna, realizzata da un gruppo di alpinisti di Peio.

Guido Larcher (Trento 1867-1959) è una figura centrale nella storia della SAT. Irredentista, volontario del Battaglione Trento (1893) e poi volontario tra gli Alpini durante la Grande Guerra, sodale di Battisti, fu tra i promotori dell’azione in soccorso ai terremotati di Messina e Reggio Calabria nel 1908 e nel 1916 e si occupò del rimpatrio dalla Russia dei prigionieri trentini. Fu uno dei maggiori dirigenti della SAT, presidente per ben quattro mandati: 1902-03, 1906-09, 1919-25, 1934-37. Nel 1920, su suo impulso, assieme a Ferruccio Stefenelli e con l’appoggio della SAT e della Legione Trentina, venne fondata la Sezione di Trento dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA). Fu grazie al suo interessamento che la SAT cedette all’ANA i ruderi del rifugio Contrin. Tra le due guerre divenne console della Milizia, presidente della Legione Trentina e senatore del Regno (1939). 

Il progressivo ed inesorabile arretramento dei ghiacciai ha lasciato un evidente segno in questa zona. Naturalmente non si tratta solo di una perdita paesaggistica, ma anche ambientale ed economica. Il ghiaccio e l’acqua sono fonte di vita ed anche di energia. La centrale di Malga Mare e il bacino di Lago Careser, originato da una diga alta 58 metri realizzata nel 1931, sono alcuni degli elementi più evidenti dell’epopea idroelettrica in Trentino iniziata tra le due guerre e che trovò l’apice negli anni cinquanta del Novecento.

Il Parco Nazionale dello Stelvio è uno dei più antichi parchi naturali italiani. Costituito il 24 aprile 1935 con lo scopo di “tutelare e migliorare la flora, di incrementare la fauna e di conservare le speciali formazioni geologiche nonché le bellezze del paesaggio e di promuovere lo sviluppo del turismo”, era inizialmente affidato all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali e al Corpo Forestale dello Stato. Dal 1995 è stato amministrato da un consorzio istituito fra lo Stato, la Regione Lombardia e le due province autonome di Trento e di Bolzano fino al 2016, quando il consorzio è stato soppresso e le funzioni amministrative sono passate direttamente alle due province autonome e alla Regione Lombardia. Collocato nel cuore delle Alpi Centrali, il Parco dello Stelvio è, considerando che circa tre quarti dei suoi 130.700 ettari si trovano al di sopra dei 2.000 metri, un tipico parco montano d’alta quota con cime impervie, di cui oltre 60 superanti i 3.000 metri di quota (fra cui la più alta è l’Ortles, 3.904 m), ed estese superfici glaciali. Le aree del fondovalle vedono la presenza di prati a sfalcio, mentre i versanti montani sono caratterizzati principalmente da boschi di conifere. Sopra i boschi si trovano le praterie alpine che si fanno sempre più discontinue salendo in quota, dove permangono solo poche ed isolate specie vegetali adattate al clima rigido con basse temperature (ben al di sotto dei -20°C in inverno e raramente sopra i 10°C in estate), forti venti e permanenza di neve per lunghi periodi. La fauna conta un numero molto elevato di specie, sia invertebrate, sia vertebrate, fra cui vanno sicuramente citate le ricche popolazioni di ungulati, come il cervo, lo stambecco e il camoscio, le molte specie tipiche dell’habitat montano quali i galliformi alpini, la marmotta, la lepre bianca, l’ermellino ecc., e i grandi rapaci, come l’aquila reale ed il gipeto. Quest’ultimo, con un’apertura alare che sfiora i 3 metri ed una lunghezza di oltre un metro, è il più grande uccello vivente sulle Alpi. Il gipeto è un bellissimo avvoltoio specializzato nel cibarsi di ossa e tendini, tutto ciò che gli altri predatori e necrofagi non riescono a mangiare. Scomparso dalle Alpi agli inizi del XX secolo a seguito della persecuzione umana, il gipeto sta ora lentamente tornando grazie ad un complesso progetto di reintroduzione iniziato nel 1986. A distanza di più di 27 anni, vi sono oltre 200 gipeti sull’arco alpino e più di 25 coppie riproduttive. Grazie alla grande disponibilità di cibo, le Valli di Peio e Rabbi sono quelle in cui la specie compare con maggior frequenza in Trentino e ove potrebbe insediarsi stabilmente in futuro.

Il Parco Nazionale dello Stelvio costituisce la più grande e importante area protetta centro-alpina, resa ancora più strategica dalla stretta vicinanza con altre aree protette, quali il Parco Nazionale Svizzero dell’Engadina a nord, il Parco Regionale dell’Adamello ad ovest e il Parco Naturale Provinciale Adamello Brenta a sud: il complesso di questi parchi costituisce una vastissima area protetta (quasi 400.000 ettari) nel cuore delle Alpi e colloca i massicci del Cevedale e delle Maddalene in uno dei contesti geografici maggiormente tutelati dell’intero arco alpino. Oltre che di indubbia ricchezza ed importanza naturalistica, il Parco è anche ricco di storia: durante la prima guerra mondiale in questi luoghi passava il fronte di cui, ad oggi, restano tracce sotto forma di strade militari, trincee e ruderi, che fungono da testimonianza della cosiddetta “Guerra Bianca”. 

Dal punto di vista geologico, l’area visitata dal tracciato proposto rappresenta un’interessante occasione per poter visionare la natura di una porzione del basamento cristallino antico, normalmente sepolto a grandi profondità e qui collocato a quote elevatissime grazie ai ciclopici meccanismi dell’orogenesi alpina. Dal punto di vista dell’inquadramento regionale ci si trova completamente immersi nei terreni noti con il termine di Falda dell’Ortles, una successione di antichissime rocce, profondamente trasformate da pressione e temperatura, oggi rappresentate prevalentemente da filladi, marmi, paragneiss e micascisti. Le grandi linee tettoniche di importanza regionale, che caratterizzano il margine sud-est dell’area, sono riconducibili alla Linea di Peio e a quella del Tonale che, assieme a quella delle Giudicarie, rappresenta un importante e profondo fascio di faglie appartenente al cosiddetto Lineamento Periadriatico (o Linea Insubrica). Quest’ultimo rappresenta il limite settentrionale dei terreni appartenenti alle Alpi Meridionali e costituisce l’immensa cicatrice crostale che rimane a testimonianza dello scontro tra le due placche crostali europea e nordafricana. Le glaciazioni quaternarie hanno poi profondamente trasformato ed inciso le formazioni rocciose e, a più riprese, hanno determinato le imponenti forme glaciali che oggi possiamo ammirare risalendo, con il tracciato proposto, la Val de la Mare, giungendo all’eccezionale balcone panoramico di Pian Venezia. Qui giungeva, nella seconda metà dell’Ottocento, la spettacolare lingua della Vedretta de la Mare. L’ambiente, recentemente deglacializzato, si presta a rappresentare in maniera didascalica le azioni esercitate dai ghiacciai e le forme del peculiare paesaggio che ne deriva: rocce montonate, rocce striate, depositi morenici, cordoni morenici, massi erratici, piane e torrenti proglaciali, conche di sovraescavazione ecc. Salendo verso il rifugio Larcher si potranno ammirare successivamente le possenti morene laterali che contenevano, fino a qualche decennio fa, la lingua della Vedretta che, a fine Ottocento, viene immortalata in una foto scattata nei pressi del rifugio e mostra un corpo eccezionalmente rigonfio e costellato di profondi seracchi.

Quali relitti delle glaciazioni, a completamento dello scenario idrografico locale, rimangono oggi arroccati alle più alte quote una ventina di affascinanti ghiacciai con una superficie trentina di circa 1.767 ettari. Il più importante è la Vedretta del Càreser, studiata attraverso misure dirette di bilancio di massa in maniera continuativa dal 1967, unico esempio in Italia. Grazie alla scarsa permeabilità delle rocce metamorfiche e alla continua e abbondante alimentazione di tipo nivo-glaciale, quasi in ogni impluvio della zona si può riscontrare un corso d’acqua. Sono da ricordare, infine, sempre legate a quest’ultima risorsa naturale, le ciclopiche opere idroelettriche del secolo scorso presenti in zona; ne sono infatti qui collocati alcuni importantissimi esempi quali la centrale di Malga Mare e la diga del Càreser, strutture che avremo modo di osservare da vicino seguendo il tracciato proposto.

Rifugio Cevedale “Guido Larcher”   [SAT]

località quota comune recapiti posti letto locale invernale
Val Venezia m 2608 Peio

0463 751770

info@rifugiocevedale.it

www.rifugiocevedale.it

80 Sì, 8 posti

Apertura: 20 marzo – 15 maggio, 20 giugno – 20 settembre

Sorge in alta Val Venezia sul bordo di un contrafforte roccioso che si affaccia sul Pian Venezia di fronte alle cime di Cevedale, Zufall-Spitze, Palon de la Mare e Vioz. È  dedicato a Guido Larcher (1867-1959), nome dato dalla Sezione di Milano del CAI negli anni 1939-42 e che la SAT poi confermò. Guido Larcher presiedette la SAT per 17 anni fra il 1902 e il 1937. Durante la Prima guerra mondiale fu volontario fra gli alpini; nel dopoguerra aderì al fascismo diventando generale e nel 1939 senatore. Nel 1945, per questi suoi precedenti, finì in prigione per un breve periodo e poi si ritirò a vita privata. Il luogo della costruzione venne scelto nel 1881 dall’allora segretario della SAT Silvio Dorigoni, con il delegato di valle Annibale Salvadori e la guida Domenico Veneri, che salirono lassù su quei piccoli promontori chiamati “Palini di Venezia”. Acquistati 100 mq. di terreno dal Comune di Cogolo, il lavoro venne affidato all’Impresa F.lli Pietro e Domenico Flori di San Lorenzo in Banale per l’importo di 1100 fiorini e il 24 agosto 1892 l’opera venne inaugurata. L’aumentata frequentazione della zona rese necessario un primo ampliamento, nel 1907, con due stanze, una per signore e una per signori; la sopraelevazione venne invece inaugurata nel 1908 in occasione del Congresso Polisportivo. Dopo alcuni lavori di restauro eseguiti negli anni 1960-61, fra il 1989 e il 1992 ci fu il totale rifacimento della struttura. Seguirono vari lavori di ammodernamento e tra il 2009 e il 2010 furono eseguiti degli interventi per consentire l’apertura primaverile per lo sci-alpinismo. Al Larcher, forse più che in altre zone del Trentino, l’uomo avverte la maestosità del paesaggio, il desiderio di avvicinarsi a quelle straordinarie montagne. Numerosissime sono le possibilità alpinistiche ed escursionistiche e i motivi di interesse naturalistico dati dalle caratteristiche flora e fauna tipiche di un ambiente incontaminato di alta montagna, ambiente tutelato dal Parco Nazionale dello Stelvio.