15 sentieri per i 150 anni

Sentiero 4 – La Val Lomasona sulle tracce del movimento cooperativo

Poesia alpestre e cooperazione agraria in un sol sentiero

Itinerario che dal Rifugio San Pietro raggiunge il paese di Vigo Lomaso, luogo di nascita di Don Lorenzo Guetti, fondatore della prima Società cooperativa di smercio e consumo nonché della prima Cassa Rurale. Si sviluppa nella Val Lomasona, emergenza naturalistica modellata dai ghiacciai quaternari con frequenti fenomeni geomorfologici e peculiarità ambientali, come un vasto biotopo caratterizzato da rare specie e associazioni vegetali di zone umide.

Gruppo Montuoso / Zona: Casale – Brento – Misone / Bleggio – Lomaso

Comuni: Tenno, Comano Terme

Difficoltà Generale: E

Sentieri SAT: O406, O410

Itinerario: Dal Rifugio Monte Calino “San Pietro” a Vigo Lomaso attraverso la Val Lomasone

Dislivello salita / discesa: ↑19 m / ↓489 m

Nome Località N. segnavia Quota (m.s.l.m.) Distanza (metri) Andata (hh:mm) Ritorno (hh:mm) Diff.
Rifugio Monte San Pietro 972 00:15
Calino [406] 937 620 00:15 00:05 T
Pr. Sella del Calino [410] 956 360 00:05 00:50 E
Pra della Vespana [410] 803 1850 00:40 00:50 E
Bivio dei Molinèi [410] 595 1920 00:40 00:15 T
Le Porcil [410] 566 720 00:15 00:10 T
Ex Malga Lomasone [410] 535 450 00:10 01:05 T
SP213 fino a Vigo Lomaso 502 4600 01:00
Totali 10520 03:05 3:30

Si parte dal rifugio San Pietro, facilmente raggiungibile da Tenno e dalla pittoresca e storica frazione di Canale, a piedi o in auto, dove si gode di un’ampia veduta sui monti che cingono la piana benacense e l’Alto Garda, e si procede in leggera discesa entro una fitta abetaia all’incrocio di Calino. Da qui si volge in direzione nord verso la Sella del Calino e dopo aver superato il bivio con il segnavia 412, diretto alla Malga di Ténno, si mantiene la sinistra al successivo bivio della strada per arrivare allo sterrato che verso destra porta a Vedesé. Si procede dunque a sinistra lungo la trattorabile che entra nello stretto e ombroso solco incassato fra il Misone e il Monte Calino, al cui termine, con un breve strappo, sbuca nell’ampia radura di Pra della Vespana. Qui il tracciato compie una larga svolta attraverso una fitta pecceta e, dopo aver intersecato una strada forestale, procede nel bosco. Si esce quindi sui prati dove si passa nei pressi del Maroc del Baco, ciclopico macigno erratico, per poi arrivare poco sotto sui prati delle Coste dei Leoni, nel cui mezzo troneggiano due grandi faggi. Si prende quindi una mulattiera che passa a fianco di grossi massi ricoperti di muschio per raggiungere una strada forestale, dove si prosegue a sinistra fino al bivio dei Molinèi. Si segue lo sterrato in leggera discesa a margine di suggestivi prati fino all’area di sosta Le Porcil (indicazioni per una palestra di arrampicata). Da qui, sempre seguendo lo sterrato sul dolce fondovalle della Val Lomasona, si raggiunge la Malga Lomasona da cui si procede sulla strada provinciale 213 fino a Vigo Lomaso. Nel cuore della piccola frazione, al civico 63, sorge la casa natale di don Lorenzo Guetti, fondatore della Cooperazione Trentina; un affresco ed una lapide ne perpetuano il ricordo e la data: 6 febbraio 1847.

Il luogo di partenza di questo percorso è il piccolo rifugio Monte Calino “San Pietro”, risultato della trasformazione nel 1930 del romitorio dell’antica chiesetta di San Pietro (1683).

Il magnifico panorama su Riva e sul lago ha ispirato molti versi al poeta Giacomo Floriani (Riva del Garda 1889-1968), che qui trascorse parte della sua vita e dedicò alla sua baita una delle sue composizioni.

«Tè suplico Signor: Fame ‘na grazia
Prima che móra.
Regàleme ‘na baita a la pastora,
ensogni dei mé ‘nsogni,
desideri de tuta la mé vita.
‘Na baita tuta mia, ciara, pulita,
con arént ‘na sortiva cantarina,
per rinfrescarme
l’anima la matina. E ‘n par de fagi,
alegri, dai cavei a la nazarena,
endove tuti i osei dei céi vizini,
i possa radunarse
a l’alba, per cantarme i só bei ini …».

L’itinerario descritto conduce nella Lomasona, una piccola valle che trova concentrati notevoli elementi paesaggistici, naturalistici, storici e artistici. Due sono le figure particolarmente rappresentative, Prati e don Guetti.

Giovanni Prati (Dasindo 1814-Roma 1884), dopo gli studi ginnasiali a Trento (nel Liceo che gli fu intitolato nel 1919), studiò per un breve tempo legge a Padova, per poi dedicarsi interamente alla poesia; la prima raccolta è datata 1836. Cinque anni dopo si trasferì a Milano, dove conobbe Manzoni e compose la novella “Edmengarda”. Seguirono altri componimenti che lo fanno considerare oggi uno dei poeti più significativi della sua epoca. 

Alba” è tra i migliori esempi della sua arte: qui si dipana liricamente la nostalgia per la sana vita di campagna; pare di scorgere i campi del Lomaso, sognati dal poeta, consapevole di trovarsi invece, ora, immerso nella vita cittadina, grigia e monotona. 

«Fumano i campi; la rugiada stilla 
sull’erba nova; il cheto aere si desta
il sol che spunta, e con l’aletta in resta 
il cardellino in cima al gelso trilla.

Al giocondo lavor sparsa è la villa 
sui bruni solchi; pei declivi a festa
saltan le capre; e in seno a la foresta
le allegrie della caccia il corno squilla.

Questa è vita davver; questo è divino
elemento di forza all’uman petto:
aria, luce, tripudio, opera intorno.

E noi, civico vulgo, ogni mattino
(fatica insigne!) ci leviam dal letto,
pallidi spettri, ad invecchiar d’un giorno».

Parallelamente al componimento lirico si avvicinò progressivamente alla politica. Espresse pubblicamente la sua adesione ai Savoia e ciò gli costò l’espulsione dal Lombardo-Veneto, ma anche la nomina – grazie all’intercessione di Vittorio Emanuele II – a storiografo della Corona. Nel 1861 venne eletto nel Parlamento italiano a Torino. Seguì le sorti della capitale e nel 1871 si trasferì a Roma, dove proseguì la carriera politica come senatore e dove assunse alti incarichi di governo. Nel primo dopoguerra le sue spoglie vennero trasferite nella chiesa di Dasindo; qui si possono ancora visitare l’avita casa del poeta, poco dopo la piazza, e la chiesa dell’Assunta, risalente al X secolo, affrescata da Simone II Baschenis. All’esterno dell’edificio sacro si trova il monumento funebre di Prati, risalente al 1923.

Nella storia contemporanea del Trentino la figura di don Lorenzo Guetti (Vigo Lomaso 1847 – Fiavè 1898) è di primaria importanza. Nacque in una famiglia contadina; ordinato prete nel 1870, venne comandato cappellano a Terragnolo, dove ebbe occasione di verificare lo stato miserevole di gran parte della popolazione. Fu un’esperienza fondamentale che lo spinse ad occuparsi delle condizioni economiche e sociali dei trentini, in particolare degli agricoltori. Nel 1888 assunse l’incarico di presidente del Consorzio agrario di Santa Croce, primo passo verso l’ideazione di un sistema cooperativo, mutuato in parte dall’esperienza di Friedrich W. Raiffeisen. Nel 1890 a Villa del Bleggio inaugurò la prima Società cooperativa di smercio e consumo e due anni dopo, a Quadra (Bleggio superiore), la prima Cassa rurale. I principi di mutuo aiuto perseguiti da don Guetti erano gli stessi messi in atto anche dalla SAT, che sosteneva le famiglie delle guide alpine e gli albergatori e che fu spesso in prima linea per aiutare i danneggiati dai numerosi incendi che purtroppo tormentavano il Trentino, le vittime di alluvioni e frane e di molte altre calamità naturali. Una sensibilità, questa, trasferita anche in alta montagna e che porterà, nel 1952, alla creazione del Soccorso alpino. Nel 1891 venne eletto alla Dieta e nel 1897 al Parlamento di Vienna. Nonostante la prematura scomparsa l’esperienza di don Guetti conobbe una grande diffusione, tanto che la sua terra d’origine è unanimemente considerata quale culla del movimento cooperativistico trentino e una lapide, collocata nel cimitero del suo paese natale, Vigo Lomaso, ricorda l’illustre presbitero.

La zona è ricca di altre peculiarità, alcune di grande rilievo, come le Palafitta di Fiavè (Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 2011), gli scavi archeologici al Colle di San Martino, la presenza della più antica chiesa delle Giudicarie (San Lorenzo, 1206). Per gli sportivi, oltre a numerosi percorsi a piedi, c’è anche la possibilità di cimentarsi con l’arrampicata presso la Palestra di roccia Val Lomasona, aperta negli anni Novanta del secolo scorso e caratterizzata da cinque settori con oltre cento vie.

L’area dell’Alto Garda, su cui si affaccia il Rifugio Monte Calino “San Pietro”, partenza di questo itinerario, è da sempre caratterizzata da un clima sub-mediterraneo che ne caratterizza la flora. Tuttavia, se da un lato il clima ha favorito lo sviluppo di una flora diversa rispetto al resto del territorio provinciale, le stesse condizioni, associate alla continua diffusione di insediamenti urbano-industriali con importanti vie di comunicazione spesso associate al turismo, hanno anche favorito l’introduzione e la crescita di specie alloctone (ovvero non originarie del luogo ma importate dall’esterno). Un singolare esempio è quello dei campeggi presenti nei pressi del Lago di Garda dove crescono numerose specie estranee alla flora del trentino ma provenienti dalle coste mediterranee e portate dai turisti. In contrapposizione a questo ambiente fortemente modificato, proseguendo lungo l’itinerario, si arriva in Val Lomasone e si passa a fianco del Biotopo “Lomasona”, una vasta zona umida che occupa quasi tutto il fondovalle e che è sostanzialmente rimasta uguale da sempre. La vegetazione di questo biotopo è soprattutto quella tipica dei prati umidi e palustri nostrani, dove vi è ristagno di acqua e sono presenti alcune interessanti piante acquatiche nei pozzi e nei canali. All’interno del Biotopo della Lomasona, quindi, a differenza della vicina Torbiera di Fiavé, arricchita anche dall’aspetto storico per la presenza delle palafitte, non si hanno particolari elementi floristici o faunistici di interesse. La preziosità ambientale dell’area, così come dell’intera valle, risiede tuttavia nell’integrità dell’ambiente, che è da considerarsi pressoché naturale grazie ad una bassissima antropizzazione e, quindi, in netta contrapposizione con l’ambiente dell’Alto Garda. La Val Lomasone, di conseguenza, rispecchia il paesaggio naturale che doveva essere comune a molti altri fondovalle trentini ma che ormai è estremamente raro proprio a causa della presenza e dell’attività umana.

Dal punto di vista morfologico, il paesaggio delle Prealpi trentine occidentali è dominato da tre importanti allineamenti montuosi separati da ampi solchi vallivi, tra essi paralleli, e rivela la profonda influenza che geologia e tettonica hanno avuto sulle dinamiche evolutive del paesaggio naturale. Valli e dorsali principali seguono l’orientamento, in senso nordest-sudovest, delle maggiori strutture geologiche appartenenti al fascio di faglie della Linea delle Giudicarie. Il risultato è un assetto topografico che, nei suoi tratti essenziali, disegna una sequenza di colossali onde di roccia che si susseguono da ovest verso est. Gli strati rocciosi, formatisi a partire da 220 milioni di anni fa da sedimenti di origine marina, testimoniano come la zona tra la Valle del Chiese e la Val d’Adige, per decine di milioni di anni, sia stata un’area geologicamente molto dinamica. Quest’area, collocata al margine occidentale dell’ampio mare basso che caratterizzava il Trentino centro meridionale alla fine del periodo Triassico (la cosiddetta Piattaforma di Trento), era un ambiente preferenziale per formazione di sedimenti costituiti essenzialmente da carbonato di calcio, generatisi per lunghissimo tempo grazie all’apporto continuo di sedimenti sul fondale marino. A causa di successivi movimenti e tensioni nella crosta terrestre, le formazioni rocciose furono fratturate localmente; le grandi faglie con andamento sud-nord che ne derivarono, con il loro movimento, fecero lentamente sprofondare i settori più occidentali della Piattaforma di Trento, generando una sorta di enorme gradinata che faceva da transizione tra i bassi fondali della zona di Trento e le zone di mare aperto, più profondo, verso ovest. 

Attualmente la Val Lomasone si trova ad essere esattamente impostata tra due linee di faglia parallele (con direzione nord-sud), la faglia Val Lomasone ovest e la faglia Val Lomasone Est, ovvero due profonde fratture crostali che, come accaduto anche in aree limitrofe, hanno isolato dei prismi strutturali di formazioni rocciose. Uno dei prismi è successivamente sprofondato, favorendo la comparsa di due sponde laterali, costituite dalla dorsale M. Misone-Punta del Corno-Favrio ad ovest e da Cima Nanzone, Monte Biania ecc. a est, creando i presupposti per la comparsa della Val Lomasone. L’erosione ed i ghiacciai quaternari hanno completato l’opera consegnandoci oggi una vallata molto particolare, profondamente incassata tra due altissimi e verticali versanti rocciosi, segnata dalla forza esarativa dei ghiacciai e con il fondo coperto da depositi glaciali, alluvionali, di versante, di frana e lacustri. 

Fatto molto curioso e legato alla presenza del famoso insediamento palafitticolo nella limitrofa zona di Fiavé, allo sbocco della valle, è la presenza della torbiera che occupa la parte centrale del bacino di un lago formatosi a seguito di uno sbarramento morenico risalente alla glaciazione würmiana (18-21.000 anni fa).

Rifugio Monte Calino “San Pietro”   [SAT]

località quota comune recapiti posti letto locale invernale
Monte Calino m 974 Riva del Garda

0464 500647

18+10 No

Apertura: tutti i giorni

Si trova sul Monte Calino, accanto alla Chiesa di San Pietro, da cui prende il nome. Nato come “romitorio”, dimora di un eremita, fu acquistato dalla Sezione SAT di Riva del Garda nel 1930. Ampliato e trasformato in rifugio, venne inaugurato il 29 giugno 1931, festa dei SS. Pietro e Paolo, alla presenza di circa duemila persone. Nel 1995 si iniziarono i lavori di ristrutturazione e ampliamento, quindi venne nuovamente inaugurato e riaperto agli escursionisti il 19 ottobre 1997. Appena dietro al Rifugio San Pietro, e sempre di pertinenza dello stesso, si trova la baita di montagna del poeta rivano Giacomo Floriani (1889 – 1968), da lui chiamata “La me baita”. Il piccolo edificio dispone di cucina, servizi e una bella terrazza con vista lago. Per la sua posizione felicissima, affacciata sulla conca benacense e il Lago di Garda, è frequentata meta in ogni stagione, nonché tappa del “Sentiero Pier Giorgio Frassati del Trentino”. Lo si raggiunge facilmente da Ville del Monte oppure da Calvóla, frazione superiore di Ville.