Alla testata della Valle dei Monzoni, immerso nell’omonimo gruppo montuoso, vero e proprio museo geologico all’aperto, si trova il rifugio Taramelli, inaugurato nel 1904. Un rifugio particolare, unico nel suo genere sia per localizzazione geografica che per struttura architettonica, nonché le vicende che lo videro coinvolto.
Fino alla Grande Guerra i rifugi della SAT rivestirono due funzioni principali: riparo per gli alpinisti e presidio sul territorio, inteso come occupazione a discapito dei club di lingua tedesca (Deutscher und Oesterreichischer Alpenverein – DuOeAV) e affermazione di italianità, in sintonia con lo spirito irredentista del sodalizio.
In Val di Fassa la costruzione di rifugi segnò per la SAT la vittoria contro la difficoltà di penetrazione in questa valle, storicamente più legata al mondo tedesco e ladino che non a quello italiano, specialmente per il fatto di essere soggetta alla Diocesi di Bressanone. Va ricordato che linee di penetrazione in valle non erano le stesse di oggi; un tempo infatti si accedeva da Campodazzo/Atzwang costeggiando la parte settentrionale dell’Alpe di Siusi, dal 1860 si poteva percorrere la Val d’Ega e solo con il 1874 fu possibile iniziare il percorso meridionale, partendo da Ora, risalendo lungo la Valle di Fiemme. ![](https://www.sat.tn.it/wp-content/uploads/2022/05/FOTO-39-I-Monzoni-col-villaggio-di-Pozza-foto-GB-Unterveger-1880-ca-300x215.jpg)
I dirigenti della SAT cercavano di invogliare i soci a frequentare le Dolomiti di Fassa non solo per la loro bellezza, ma anche per far penetrare lassù un po’ di spirito italiano: «[Il presidente della SAT osserva che] specialmente in Val di Fassa vi son monti per tutti i gusti, ed eccita in particolar modo i giovani a fare ascensioni e gite prendendo per meta soprattutto la Valle di Fassa, per controbilanciare l’insidiosa influenza straniera» (“LVII Adunanza generale in Vigo di Fassa il 12 agosto 1900”, IN: Annuario SAT, A. 23, 1903-04, pp. 255). Al contrario della SAT, riscuotevano un discreto successo di adesione le sezioni del DuOeAV, quali la Sektion Bamberg (che eresse la Bamregerhütte, poi rifugio Boè), la Sektion Fassa con l’Antermojasee Hütte, la Sektion Leipzig con il Vajolethütte e la Ciampediehaus nonché la Sektion Welschnofen, con la Ostertag Hütte (poi Roda di Vael). Nel primo dopoguerra tutti questi rifugi furono incamerati dal sodalizio trentino.
Nel 1902 la SAT acquistò il terreno dal Comune di Pozza di Fassa e Giuseppe Garbari, pioniere della fotografia in montagna e, all’epoca, direttore del sodalizio, finanziò la costruzione intitolata al professor Torquato Taramelli (Bergamo 1845 – Pavia 1922), celebre geologo e fervente patriota. Fu questa una scelta unica nel suo genere, in quanto venne dedicato un rifugio a persona ancora vivente, tanto che il prof. Taramelli partecipò alla cerimonia inaugurale.![](https://www.sat.tn.it/wp-content/uploads/2022/05/FOTO-37-219x300.jpg)
Narrano le cronache che il 9 agosto 1904, di buon mattino, il professore, accompagnato dal fido bassotto Pippo e una nutrita delegazione di soci SAT, del CAI, della Dante Alighieri e del Touring Club Italiano, s’incamminò da Vigo di Fassa lungo la valletta del rio Monzoni. Dopo quattro ore di marcia la comitiva raggiunse i 2.040 metri di quota del caratteristico cocuzzolo che domina l’Alta Val Monzoni, luogo sul quale sorge la nuova struttura “a cubo”. Gli escursionisti furono accolti festosamente con mortaretti e l’Inno al Trentino suonato dalla banda di Pozza. Seguì la Santa Messa officiata dal decano della Valle, don Baldassare Delugan, che: «con nobili parole volle benedire il primo rifugio italiano costruito in quella regione nostra benché contrastata». Al termine un lauto banchetto, bagnato da champagne offerto dal generoso Garbari, e la prolusione di Taramelli. Lo studioso ripercorse le tappe della sua vita e della sua professione, riconoscendo nell’abate Antonio Stoppani il suo maestro. La conclusione, tra slave di applausi, fu dedicata alla SAT, incoraggiandone l’opera alpinistica, scientifica e irredentista. «Un ballo campestre allietato dalla presenza di alcune gentili signore chiuse brillantemente quella indimenticabile giornata».
L’intitolazione a Taramelli fu inevitabile. La zona è infatti ricchissima di minerali e qui geologi e mineralologi sono di casa da sempre, tanto che ancora nel 1874 Emilio Spazzali poteva dichiarare: «…Preferimmo la gita ai Monzoni, luogo classico per la sua importanza geologica, e per le tante visite che ebbe da scienziati di ogni nazione, cominciando dal più grande di tutti [Alexander von] Humboldt… Cento opere speciali in tutte le lingue d’Europa trattano dei Monzoni, ma nessuno senza vederli può farsi un’idea della loro ricchezza… Oltrepassata di poco la cima, ed alcuni strati di ghiaccio e di neve, si giunse ad un posto solitario e deserto. Cessarono i moti arguti, le barzellette, le osservazioni scientifiche, tutti in coro si proruppe in un grido di meraviglia. Il suolo luccicava ai nostri piedi; milioni di cristalli d’ogni forma e dimensione, appartenenti a trenta specie di minerali diversi, coprivano il suolo; pareva che le fate in quell’anfiteatro di rupi avessero dato un festino ai giganti, e quindi fossero sparite gettando le loro gioie» (Emilio Spazzali – “Escursione alpina da Predazzo a Paneveggio”, IN: Annuario SAT, A. 2, 1875).
Durante la Grande Guerra il rifugio Taramelli venne utilizzato come ospedale da campo, nel secondo dopoguerra la gestione venne affidata alla Società di Scienze Naturali e dal 1961 subentrò la SUSAT (Sezione Universitaria della SAT), che lo utilizzò come base per corsi di mineralogia e geologia. Tra gli eminenti studiosi che hanno tenuto questi corsi ricordiamo almeno don Elio Sommavilla e Piero Leonardi dell’Università di Ferrara.
Per alcuni anni la SUSAT tenne aperto il rifugio con una gestione condivisa, grazie al volontariato dei propri soci. Decine di studenti si alternarono in una esperienza ricca di umanità e goliardia che in molti ancora oggi ripensano con nostalgia.