15 sentieri per i 150 anni

Sentiero 3 – Sul sentiero San Vili tra Pinzolo e Campiglio

Sul cammino della Fondazione: da un’idea alla società

L’itinerario percorre l’ultima tratta del Sentiero San Vili, da Pinzolo a Madonna di Campiglio. Un lungo itinerario che unisce in 5-6 tappe Trento a Madonna di Campiglio, ideato dalla SAT nel 1987 e inaugurato nel 1988.

Gruppo Montuoso / Zona: Dolomiti di Brenta / Alta Rendena

Comuni: Pinzolo, Tre Ville

Difficoltà Generale: E

Sentieri SAT: O300 – San Vili

Itinerario: Salita dalla Chiesa di San Vigilio a Pinzolo fino a Madonna di Campiglio

Dislivello salita / discesa: ↑711 m / ↓0 m

Nome Località N. segnavia Quota (m.s.l.m.) Distanza (metri) Andata (hh:mm) Ritorno (hh:mm) Diff.
Pinzolo – Chiesa di San Vigilio 804 00:40
Sant’Antonio di Mavignola [300] 1127 4150 01:40 00:40 E
Fogaiard [300] 1327 3550 00:50 01:10 E
Madonna di Campiglio – chiesa [300] 1515 3870 01:30 E
Totali 11570 04:00 02:30

Si parte dalla chiesa di San Vigilio a Pinzolo, dal grande piazzale/posteggio limitrofo alla stazione di valle dell’impianto di risalita e piste del Doss del Sabion. Sulla parete meridionale di questo storico edificio si ammirano i famosi affreschi che rappresentano la “Danza macabra”, dipinti da Simone Baschenis nel 1539. Si procede in direzione nord, per poche centinaia di metri, in direzione di Carisolo, lungo la strada statale 239, per poi imboccare sulla destra, prima del ponte sul Sarca, la strada, in sinistra orografica della Sarca, che porta alla stazione della pista di sci Tulot e che prosegue poi a transito regolamentato passando sotto il ponte canale che convoglia le acque dalla Val di Genova al Lago di Molvéno, dopo essere state costrette in una condotta che trafora da valle a valle il basamento del Gruppo di Brenta. Spostatisi in destra orografica della Sarca si continua su quella che fu la vecchia strada Pinzolo – Campiglio, voluta e costruita a sue spese nel 1874-75 da Giovanni Battista Righi, principale promotore dello sviluppo turistico di Madonna di Campiglio; l’asfalto ne ha nascosto il fondo originale ma il tracciato con i suoi numerosi tornanti è rimasto.
Arrivati a Sant’Antonio di Mavignola si fiancheggia, per alcune centinaia di metri, sul marciapiede, la strada principale che poi si abbandona al bivio per la Val Brenta. La vecchia strada prosegue in piano per oltre 1 km e poi riprende a salire verso i prati di Fogaiàrd, magnificamente aperti sulle Dolomiti di Brenta, e parallelamente, ma a qualche decina di metri a valle della strada statale 238, arriva in prossimità del depuratore e dei primi insediamenti turistici. L’ultimo tratto del San Vili percorre Via Castelletto inferiore fino in località Palù, da qui prosegue su via Monte Spinale che conduce all’ultima breve deviazione per la chiesa santuario della Madonna di Campiglio, mèta finale del Sentiero San Vili.

Chi, giunto alla Chiesa di San Vigilio a Pinzolo, luogo di partenza dell’itinerario, volesse fare una breve deviazione per visitare la storica Chiesa di Santo Stefano a Carisolo, può seguire in senso opposto a quello proposto il sentiero San Vili (O300), ovvero verso ovest a partire dal ponte sul Sarca della strada statale 239, per poco più di un chilometro. Posta all’ingresso della Val di Genova, sulla sommità di una roccia a strapiombo sulla Sarca, tale chiesa è nota per gli affreschi dei sette vizi capitali ed una danza macabra, realizzati nel 1519 da Simone Baschenis, e per il grande affresco di Carlo Mango del 1534, realizzato sempre dallo stesso artista.

L’alpinismo in Trentino giunge con diversi decenni di ritardo rispetto alle Alpi occidentali dove, solitamente, viene collocata anche la sua data di nascita: 1786, prima ascensione del Monte Bianco. Gli alpinisti, in gran parte britannici e di lingua tedesca, ebbero come primi obiettivi le cime più alte, oltre i quattromila metri, e solo dopo averle salite quasi tutte si spostarono verso oriente. Qui cominciarono a salire le vette che maggiormente assomigliavano a quelle occidentali (Adamello e Presanella) e solo in un secondo momento passarono alla zona dolomitica. In Trentino questi stranieri trovarono un territorio dove l’alpinismo era sconosciuto, non c’erano club locali, mancavano sia sentieri che rifugi e le conoscenze non erano nemmeno in stato embrionale. Grazie a figure quali John Ball, Douglas William Freshfield, Paul Grohmann e Julius Payer, a partire dal 1864 l’alpinismo prese a diffondersi anche nella nostra regione, creando le basi per una sistematica esplorazione della montagna che più tardi porrà le basi per un primo sviluppo turistico delle vallate. 

Tra le figure di primo piano in questo esordio spicca quella di Julius Payer, autore di decine di prime salite e che può essere considerato anche ispiratore della nascita della SAT. 

All’inizio dell’estate del 1871 l’avvocato Alessandro Boni (Tione 1818 – Rovereto 1882) passò a trovare nel suo albergo di Pinzolo Giacomo Bonapace. Qui l’oste gli mostrò un libro che aveva ricevuto in dono da Payer in persona: “Die Adamello-Presanella nach den Forschungen und Aufnahmen”. Boni si immerse nella lettura e, man mano, comprese che quell’ufficiale boemo conosceva la valle e le montagne meglio di lui: «La Valle di Genova dove si trovano quei ghiacciai, ad eccezione degli abitanti degli ultimi paesi della Rendena, era pressoché sconosciuta a quelli delle altre parti delle Giudicarie, i quali l’avevano intesa a nominare unicamente come luogo di caccia di orsi e camosci. Anche chi scrive non ne aveva nozioni, e quando venne a cognizione dell’opuscolo di Payer gli venne quasi vergogna di non conoscere, si può dire, il luogo ove era nato, e che un illustre straniero cominciava a render famoso» (“Alpinismo reminiscenza d’una gita”, IN: Annuario SAT, A. 12, 1886, pp. 339-344). 

Poco dopo Boni raggruppò alcuni amici e familiari – il figlio, suo cugino Domenico, Nepomuceno Bolognini, Giovanni Battista Righi, Prospero Marchetti ed altri – e organizzò una gita in Val Genova. Al ritorno, alcuni partecipanti discussero sull’opportunità di fondare un club alpinistico in Trentino sul modello di quelli recentemente fondati a Londra, Torino e Vienna.

L’estate successiva Marchetti e Bolognini ripresero il discorso mentre passeggiavano sullo stradone fuori di Pinzolo; un argomento di discussione forse ispirato dalla vista della Presanella. Detto fatto, il 2 settembre 1872 si ritrovarono in ventisette a Madonna di Campiglio, presso lo Stabilimento alpino di Righi, dove fondarono la Società Alpina del Trentino (sciolta dalla polizia nel 1876 per irredentismo e rifondata poco dopo con l’attuale nome).

Vale la pena offrire alcuni cenni sui protagonisti di questo momento fondativo. 

Prospero Marchetti (Bolbeno 1822 – Arco di Trento 1884) era un agiato imprenditore, avvocato e irredentista. Con il fratello Giacomo finanziò le campagne garibaldine in Trentino del 1848 e 1866 e la cospirazione del 1863-64. Nel marzo del 1848 partecipò all’insurrezione di Milano (Cinque giornate) quale vice-segretario del Comitato generale di pubblica sicurezza e nello stesso anno fu osservatore per il Governo provvisorio di Lombardia alla Costituente di Francoforte. Dal 1856 al 1859 e dal 1866 al 1875 fu podestà di Arco. Fu primo presidente della SAT dal 1872 al 1876.

Nepomuceno Bolognini (Pinzolo 1824 – Milano 1900) era garibaldino e nel 1848 partecipò agli scontri di Malè (Trentino) e Ponte Caffaro (Lombardia), l’anno successivo a Mezzana Corte (Trentino). Combatté al fianco di Giuseppe Garibaldi a Milazzo (Sicilia), Volturno (Campania) e Capua (Campania). Nel 1866 prese parte alla battaglia di Bezzecca (Trentino) e venne promosso colonnello sul campo. Fu anche un appassionato raccoglitore di leggende e racconti folcloristici, spesso utilizzati per evidenziare l’appartenenza del Trentino alla cultura italiana. Nel 1874 avanzò una proposta di legge per la tutela dell’avifauna. Nel 1879 fondò il Circolo trentino di beneficenza con sede a Milano e dal 1885 fu segretario della Società di esplorazioni commerciali in Africa.

Giovanni Battista Righi (Pinzolo 1830 – 1882) era un imprenditore ed acquistò nel 1868 l’Ospizio di Santa Maria di Campiglio, trasformandolo in Stabilimento alpino; qui nel 1872 venne fondata la SAT. Grazie alle sue iniziative Campiglio iniziò ad essere conosciuta dai turisti alpini. Scomparve improvvisamente il 16 agosto 1882 al ponte sul Rì del Colarin; oggi in quel luogo sorge un capitello sul quale una lapide lo ricorda.

A partire dal 1992 l’Unione Europea si è impegnata a conservare la biodiversità e gli habitat attraverso l’emanazione di una direttiva, comunemente conosciuta come Direttiva Habitat, al fine di garantire il mantenimento di uno stato di conservazione “buono” degli habitat e delle specie a rischio. È interessante notare come l’attenzione pubblica, così come anche la sopracitata direttiva, anche se in maniera minore, è da sempre concentrata maggiormente sulla fauna vertebrata piuttosto che sugli invertebrati, altrettanto importanti e che anzi, per ricchezza di specie ed abbondanza di individui, rappresentano la maggior parte della biodiversità. All’interno della Direttiva Habitat sono citate, fra gli invertebrati, anche due specie di farfalle molto belle e non comuni, individuate negli anni a poca distanza dall’itinerario presentato. Si tratta di Parnassus apollo e Euplagia quadripunctaria, entrambe viste nei pressi della chiesetta di Santo Stefano all’ingresso della Val di Genova. La prima è un lepidottero diurno con un’apertura alare di circa 5-8 cm, con ali di colore bianco punteggiate di piccole macchie nere nella zona anteriore e di due, o più, grandi macchie rosse circolari bordate di nero. È una specie prettamente montana osservabile da maggio a settembre, soprattutto in prati e vallate fiorite ma anche su pendii rocciosi, con variazioni a seconda della località e della temperatura. Come le altre specie del suo genere, è vulnerabile ed indifesa ai cambiamenti a causa dell’’isolamento delle varie popolazioni l’una dall’altra (isolamento avvenuto durante l’ultima era glaciale), ma nei luoghi dove è presente risulta abbastanza comune. Euplagia quadripunctaria, invece, è una farfalla di medie dimensioni (apertura alare di circa 4-6 cm) facilmente riconoscibile per la colorazione: le ali anteriori, che a riposo sono tenute orizzontali e coprono le ali posteriori, sono nere o grigio scuro e striate di bianco, mentre le ali posteriori sono di colore rosso con qualche macchia nera. L’adulto è visibile da giugno a settembre ed è attivo principalmente nelle ore tardo serali ma vola anche di giorno. La si trova in boschi, prati e pendii rocciosi ricchi di vegetazione generalmente in presenza o in vicinanza di corsi d’acqua e, quindi, con un microclima fresco ed umido. Queste due specie sono solo degli esempi di fauna invertebrata protetta a livello europeo e si auspica possano portare ad una maggiore consapevolezza del problema della scarsa protezione degli invertebrati che, nonostante tutto, fanno da sempre parte dei nostri monti.

Dal punto di vista morfologico, il tracciato proposto ci permette di risalire una grande vallata alpina, impostata lungo un’importante linea di frattura nella crosta terrestre, nota come Linea delle Giudicarie, che ha permesso al blocco dell’Adamello-Presanella di essere traslato verso sud di circa 10 km. La vecchia strada per Campiglio si snoda inizialmente sul fondo della valle, partendo da Pinzolo e Carisolo, paesi sorti alla confluenza tra i due più grandi solchi vallivi della zona (la Val Rendena e la val di Genova) dove si può facilmente immaginare la potenza e lo spessore dei ghiacciai quaternari che ne hanno modellato le caratteristiche forme: immani fiumane gelate che scendevano dalle cime verso il fondovalle, con superfici che potevano sfiorare la quota di 1.900 m slm. A seguito del loro scioglimento, questi eccezionali nastri trasportatori hanno abbandonato ovunque i detriti trasportati sulla loro superficie, inglobati all’interno o strappati dal substrato roccioso sul quale scorrevano, dando origine alla coltre dei cosiddetti depositi morenici che oggi ricoprono i fondovalle. I torrenti e le acque meteoriche hanno progressivamente eroso parte dei depositi, mettendoli spesso in luce. Oggi, dalle pendici dei monti fino al fondovalle, nei paesi della valle e nei pascoli non è infrequente imbattersi in enormi massi erratici abbandonati dall’antico ghiacciaio e spesso ancora immersi nei caratteristici depositi costituiti da argilla, sabbia e ghiaia. 

La peculiarità del percorso proposto risiede non solo nel fatto che, seguendo la Linea delle Giudicarie, si procede curiosamente quasi a cavallo della linea di separazione tra le tonaliti dell’Adamello-Presanella, a ovest, e le dolomie del Brenta, a est (potendo allargare idealmente le braccia, si potrebbe toccare con mano quasi contemporaneamente due formazioni rocciose formatesi a quasi 180 milioni di anni di differenza), ma si ha anche l’occasione di osservare da vicino alcuni affioramenti di rocce metamorfiche del basamento cristallino sudalpino (micascisti, filladi e paragneiss, spesso fittamente stratificati e facilmente sfaldabili) ed anche formazioni ancora più antiche, formatesi in periodi precedenti al Permiano, ovvero più di 300 milioni di anni fa, e profondamente trasformate a causa di elevate condizioni di temperatura e pressione, fortemente deformate e fratturate dalla presenza della Linea delle Giudicarie.