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Progettare in quota

Foto ©Michael Li Volsi

Cosa significa ristrutturare in alta quota?

La maggioranza dei rifugi alpini presenti sul nostro territorio nascono a cavallo tra Ottocento e Novecento come presidi montani, spesso punti strategici, ultimi ripari di una “città che sale”. Punto di partenza per grandi prime ascensioni, nel corso dei decenni il rifugio è diventato sempre più un punto di arrivo. Nonostante l’importante accelerazione di questo fenomeno negli ultimi anni, è necessario tenere presente che il rifugio non è una comune struttura di accoglienza, ma un mondo a sé stante.

Costruire e mantenere i rifugi significa far fronte a diversi ostacoli e incognite. Ogni aspetto va programmato nel dettaglio, anche quelli comunemente più semplici come i trasporti (spesso obbligati dall’uso dell’elicottero per mancanza di strade) e la conseguente predisposizione dei carichi. La logistica è fondamentale affinché il materiale arrivi a destinazione correttamente e in sicurezza.

Il tempo e il meteo sono protagonisti e condizionano i lavori, che sono limitati ad un massimo di 4-5 mesi l’anno. L’inizio del cantiere tiene conto anche delle norme che regolano l’inquinamento acustico nel rispetto della fauna.
La ditta stessa inoltre deve spesso organizzarsi in maniera autonoma per la gestione del personale e della loro prolungata permanenza in quota. Un attento controllo all’utilizzo delle limitate risorse idriche è essenziale per la vita del rifugio e del cantiere stesso.

La convivenza rifugio-cantiere evidenzia la differenza sostanziale con le strutture ricettive di bassa quota e valle. Un rifugio deve garantire l’apertura minima di una parte della struttura, per mantenere il suo ruolo di presidio montano e riparo d’emergenza.

Visto il delicato equilibrio ambientale e le necessità d’intervento strutturale, SAT ha deciso di indire un Concorso di progettazione, ad unica fase, al fine di ottenere il miglior risultato in termini sia architettonici che ambientali. La scelta di un concorso permette una più ampia messa in concorrenza di idee e proposte progettuali, che consente anche di condividere un percorso trasparente e visibile a tutti. SAT ha scelto di essere supportata dall’ordine degli architetti di Milano per la gestione del concorso, attraverso la piattaforma Concorrimi. La commissione giudicatrice, composta da un membro interno nominato da SAT, da un architetto e un ingegnere nominati dai rispettivi Ordini provinciali, ha nominato i classificati e menzionati cinque ulteriori per la rilevante qualità progettuale e le interessanti soluzioni architettoniche. 

Focus concorsuale: rifacimento dell’ultimo piano – interno ed esterno – e progettazione della nuova scala di emergenza.

Gli elementi essenziali che distinguono le opere di antropizzazione edilizia delle Terre Alte, ovvero rifugi e bivacchi, sono principalmente: le dimensioni, la presenza di un custode e  i servizi. I bivacchi sono delle strutture generalmente di piccole dimensioni situate in luoghi remoti e raggiungibili solo a piedi, presentano uno o pochi ambienti interni e sono progettati per fornire un riparo di emergenza. A differenza dei rifugi, i bivacchi non sono presidiati ma aperti e utilizzabili tutto l’anno. I rifugi invece sono delle opere edilizie ben più complesse sia dal punto di vista progettuale che da quello dell’approvvigionamento delle risorse e dei servizi erogati. Per diversi fattori legati a quota e logistica, i rifugi sono aperti solamente in determinati periodi dell’anno come da norma di legge (LP n° 8, 15/03/1993).

Il valore di queste strutture non è meramente economico ma anche territoriale, alpinistico e storico, perciò ci riferiamo ai rifugi alpini come presidi: essi sono custodi di una storia territoriale, alpinistica, politica e militare.

Il concetto di presidio rimanda ad un’altra componente imprescindibile dei rifugi alpini: il custode, figura di accoglienza e responsabile della manutenzione e tutela del rifugio. La figura del gestore – come anche quella della guida alpina – ricopre un ruolo fondamentale, in quanto monitora i cambiamenti che avvengono in alta quota e rappresenta un veicolo di trasmissione di una certa educazione ambientale.

Nei primi anni dopo l’inaugurazione del primo rifugio d’alta quota della SAT, ovvero il rifugio Tosa, la sezione di Brema del DuOeAV (Deutscher und Osterreichischer Alpenverein) avvia un progetto di costruzione di un rifugio poco più in alto, verso la Bocca di Brenta. Tra le due sezioni nasce così una diatriba legale rispetto alla proprietà del terreno dove la sezione di Brema vuole costruire il rifugio. Sottolineiamo che i rifugi per la SAT rappresentavano dei presidi identitari, specialmente negli anni vicini alla Prima guerra mondiale, essi marcavano il legame del sodalizio con l’Italia. Secondo un’indagine del Comune di San Lorenzo in Banale si scopre che il terreno in questione è produttivo e di proprietà del Comune, perciò si decide di comminare una multa alla sezione di Brema e cedere la struttura alla SAT una volta terminati i lavori. Una volta ceduto alla SAT, l’effettiva inaugurazione del “Rifugio Tomaso Pedrotti” si fece attendere fino al 1921 e da allora ospita tutti gli alpinisti che si avventurano nel Brenta centrale e rappresenta un importante crocevia alpinistico.

Programma del 126esimo Congresso SAT

1° Classificato

Pasquali Stefano (Capogruppo)
Minozzi Samantha, Stangherlin Alberto, Moser Andrea

Il rifugio alpino è la struttura per eccellenza per offrire riparo ad alpinisti ed escursionisti.
L’immagine che abbiamo scelto per il progetto è quella di “faro di montagna”. Un punto di riferimento visivo per gli alpinisti e gli escursionisti in cammino data la sua posizione strategica, visibile dai vari sentieri. Quattro finestre illuminate alla sommità del rifugio saranno sinonimo di sicurezza, calore e riparo per gli escursionisti e alpinisti. Il volume di ampliamento pensato per il rifugio Pedrotti si adatta allo spettacolare contesto paesaggistico delle Dolomiti di Brenta, garantendo più relazioni visive tra interno ed esterno. Il principio fondamentale del progetto è l’inserimento del manufatto nel paesaggio da diversi punti di vista: ogni oggetto cambia a seconda da dove lo si guarda.

Le quattro aperture al piano terzo diventano all’esterno quattro punti di riferimento per chi si avventura nei sentieri e vie nelle vicinanze. La nuova copertura e la scala collaborano assieme generando la morfologia architettonica che rimanda l’immagine dell’attuale rifugio. Solitamente le scale di emergenza sono percepite come elementi tecnici che poco dialogano con l’intero edificio.

Nel nostro progetto si è voluto renderla protagonista posizionandola nella facciata principale e riservandole più ruoli: torretta visiva, sistema distributivo, uscita di emergenza, adeguamento sismico.

Programma del 126esimo Congresso SAT

2° Classificato

Rossi Tiziano (Capogruppo)
Cattani Daniela, Seppi Jessica, Menapace Stefano

Con la demolizione e ricostruzione dell’ultimo piano dell’edificio è possibile tradurre nella realtà il concetto di tetto come difesa e protezione dalle variabili condizioni esterne che in montagna spesso possono essere avverse. Il nostro intervento vuole rendere il rifugio Pedrotti un visibile punto di riferimento e orientamento per chi frequenta la montagna, con pareti e copertura senza soluzione di continuità, di colore rosso.

La necessità di inserire una nuova scala antincendio offre l’occasione per modellare in altezza un nuovo volume accostato all’esistente dal forte impatto evocativo. Come il Campanile Basso poco distante, il nuovo corpo edilizio che si erge sopra la copertura si rende elemento marcante nel paesaggio e appare mutevole a seconda del punto di osservazione.

Nonostante la forza di questo inedito landmark, la sua posizione rispetto al corpo principale rende l’inserimento delicato e rispettoso del contesto paesaggistico circostante. Non solo iconico ma anche fruibile: il lato verso monte è pensato infatti per ospitare una piccola palestra di roccia artificiale, dove istruttori e guide alpine possano avvicinare la clientela all’arrampicata.

Programma del 126esimo Congresso SAT

3° Classificato

Molteni Paolo (Capogruppo)
Colombo Emanuele, Gaffuri Alessandro, Ferrari Raffaele, Groff Michele

Il progetto di ristrutturazione parte dalla massa e dalla materia dell’edificio, ricomponendone il volume complessivo sulla scia degli interventi precedenti, senza rinunciare ad esprimere un’immagine rinnovata, pur rimanendo sobria, proprio nel rispetto del valore del tempo e della stratificazione. L’intervento di ristrutturazione dell’ultimo piano è la ricostruzione della nuova copertura – solo un tetto – ma che a partire da gesti semplici, definisce una geometria al tempo
stesso rigida e leggera. Le pieghe delle falde garantiscono il miglior orientamento anche in termini energetici e aprono punti di vista privilegiati.

Le ragioni della forma sono determinate sia da questioni funzionali, tecniche e distributive, ma anche dalla volontà di definire un volume allo stesso tempo concluso ma armonico, in continuità con il paesaggio vasto. Il progetto propone un volume compatto, semplice e chiaro; la conformazione dinamica permette un naturale inserimento nel profilo della montagna integrando l’edificio al contesto. Il “piegarsi” della nuova copertura trova conclusione
in un abbaino che, insieme alla nuova scala di sicurezza sul fronte nord-ovest, completa la conformazione e l’immagine del rifugio.

PIsaniello Saverio, PIsaniello Saverio, PIsaniello Saverio, PIsaniello Saverio
4° Classificato

Pretolani Alessandro
Pambianco Filippo, Sarti Gilberto, Spada Iulius, Sarti Gilberto

5° Classificato

Toson Carlo
Toson Christian, Schiavon Alberto, Rossi Andrea, Degano Mirko, Mattiussi Giacomo

6° Classificato

Tammerle Lukas
Speranzin Erica, Spreafico Simone, Bonizzato Davide, Torggler Andreas, Rizzi Giacomo, Senoner Paul

7° Classificato

Salvi Antonio
Pisani Michele

8° Classificato

Tomaselli Aldo
Voltolini Stefano, Maglitto Paolo

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