I Rifugi sono dei veri e propri paesi, delle realtà a sé stanti che ci invitano a scoprire mondi nuovi fatti di vita lenta, amicizie nuove ed esperienze che richiedono di sapersi adattare. 

I Rifugi sono posti speciali ma, nella loro unicità, uniche sono anche le problematiche che si devono affrontare ogni giorno.

Tutto ciò che a valle risulta semplice, va organizzato alla perfezione in quota per garantire l’apertura e l’ospitalità. Parliamo dell’approvvigionamento delle derrate alimentari, dei materiali, spesso consegnati solo tramite l’utilizzo dell’elicottero. Una delle problematiche più importanti, e sempre più incalzanti, è il reperimento e la gestione dell’acqua e l’approvvigionamento energetico. I campi di intervento sono diversi e specifici in base ai bisogno di ogni rifugio. 

L’obiettivo di questa rubrica vuole essere proprio questo.

Raccontare la vita in rifugio nell’intreccio che la compone: storia, lavori e relazioni umane. 

Rifugio Cima d’Asta “Ottone Brentari”

Il rifugio Brentari è il principale rifugio realizzato dalla SAT nel gruppo del Lagorai-Cima d’Asta e per decenni fu l’unico esistente nel piu’ esteso gruppo montuoso del Trentino. L’idea di realizzare un rifugio in questa zona maturò all’inizio del secolo scorso tra alcune guide locali. L’occasione per avanzare questa proposta venne dal Congresso della SAT del 1906 tenutosi a Roncegno. Il 24 agosto 1908 il rifugio Cima d’Asta, una costruzione dalla tipica forma a “cubo” veniva inaugurato e affidato a delle guide alpine locali.

Nel corso della grande guerra il rifugio subì danni gravissimi e la SAT lo inserì tra le costruzioni da ripristinare al più presto. Così già nel 1922 il rifugio Cima d’Asta venne risistemato e dedicato ad Ottone Brentari, insigne scrittore e alpinista nato a Strigno nel 1852, autore della prima guida del Trentino, commissionata proprio dalla SAT. Vent’anni dopo, la seconda guerra mondiale arrecò nuovamente gravi danni al rifugio fatto segno di innumerevoli vandalismi. Grazie all’opera di Giovanni Strobele, allora segretario della SAT, il rifugio fu riaperto l’8 agosto del 1952. Nel 1982 la SAT di fronte a una presenza sempre più frequente di comitive e di alpinisti decise di effettuare un radicale ampliamento del rifugio. Iniziati i lavori nel 1984 si conclusero il primo settembre 1985 quando il nuovo rifugio Brentari venne inaugurato ufficialmente.

Ai piedi della parete sud del massiccio di Cima d’Asta, sul ciglio di una diga morenica naturale che delimita il laghetto omonimo, il rifugio si affaccia su un ampio anfiteatro montuoso. E’ il punto di partenza per le ascensioni alla vetta di Cima d’Asta o per le traversate verso la zona orientale del Gruppo di Lagorai, verso la zona di Passo Cinque Croci e Val Cia.


I LAVORI: il racconto di Renzo Franceschini, Vice Presidente Commissione rifugi SAT

Approvvigionamento energetico 

L’elemento che senza dubbio contraddistingue il rifugio è il bellissimo Lago di Cima d’Asta, e da cui trae la propria energia. Il lago ha un emissario, un piccolo rigagnolo che attualmente viene già sfruttato per produrre energia elettrica, attraverso un salto in condotta forzata che lo porta verso valle. La produzione attuale, pari a 6 kW, è insufficiente per la totale gestione del rifugio; l’evoluzione dei rifugi ha reso evidente uno standard necessario che si aggira attorno ai 20 kW. La necessità di creare questa capacità energetica è impellente, ma la quantità d’acqua prelevabile non può essere aumentata. Per questo motivo è in corso la progettazione per il potenziamento della centralina idroelettrica, allungando il percorso (il salto) dell’acqua verso valle, spostando la stessa centralina – con annessa la turbina – più in basso. Questo intervento comporta un notevole beneficio perché permetterà di eliminare in cucina l’uso del gas e ciò che ne consegue (rilevatori, filtri ecc…), permettendo al tempo stesso di poter installare apparecchiature elettriche – come l’induzione – per una gestione fossil free

Seppur la cucina sia il principale spazio di consumo energetico, è importante ricordare che l’acqua non serve solamente per produrre energia elettrica, ma è fondamentale per la vita stessa di qualsiasi rifugio. Per poter garantire l’apertura, è necessario calcolare l’esatta quantità e metterla in condizione di poter essere utilizzata. Sopra il rifugio, più a monte, si trovano due sorgenti che stagionalmente riempiono una grande vasca di accumulo, da cui l’acqua viene convogliata al rifugio tramite tubature. Un aspetto banale, ma che forse non tutti conoscono, è la modalità grazie a cui si cerca di evitare che queste condutture a inizio e fine stagione siano libere da ghiaccio. Oltre ad essere isolate, al loro interno hanno fili scaldanti il cui calore è reso possibile sempre dalla turbina. 

La struttura: adeguamenti e ampliamenti

Dal 2011 in poi anche i rifugi si sono dovuti adeguare alle normative di sicurezza, regole precise e necessarie che comprendono l’aggiunta o messa a norma del sistema antincendio, vie di fuga e canne fumarie. Coinvolte anche le stesse teleferiche, ora utilizzate a un regime tale da dover essere dotate di una serie di attrezzature che le rendono sicure. 

Il rifugio Cima d’Asta negli anni ha subito molti e diversi interventi. Nel 2000 è stato installato il sistema di gestione dei reflui delle acque nere che, tramite una filtrococlea divide la parte liquida (dispersa in punti precisi dell’ambiente) dalla solida riportata a valle come rifiuto. Nel 2015-2016 sono stati apportati adeguamenti per rendere più ospitale e comodo il rifugio in particolare per i gestori. Negli interventi successivi sono state messe a norma le canne fumarie, sono state installate le scale antincendio (obbligatorie in ogni struttura che accoglie più di 25 persone) oltre che rendere più funzionale la parte di ingresso e accoglienza del rifugio stesso. Prima dei lavori si accedeva direttamente a un piccolo ingresso che dava direttamente alle camere e alla sala da pranzo, senza molto spazio per riporre zaino e attrezzature. Oggi invece si entra in un ampio atrio con scaffalature per gli zaini e grande asciugatoio riscaldato. Sono stati inoltre sistemati i servizi igienici, pratici e comodi da pulire. 

All’interno del progetto, il lavoro più importante messo in atto è stato sicuramente l’isolamento della sala da pranzo. Tramite lo scavo e la realizzazione di un vespaio areato, la sala non è più soggetta all’umidità e può essere meglio scaldata. 


LA PAROLA AI RIFUGISTI

Essere consapevoli è sicuramente il primo passo da fare quando ci incamminiamo verso un rifugio. Ma una volta giunti a destinazione, cosa possiamo fare per vivere al meglio la nostra esperienza in questo mondo a sé stante? Lasciamo che siano i rifugisti a raccontarlo! 

Sono in rifugio da 17 anni ed è una vita vissuta con estrema passione e amore, a cui non è dedicato il solo il periodo estivo, ma ci sono tutta una serie di lavori che – prima e dopo – devono essere fatti per poter essere operativi e rendere la struttura funzionante, per accogliere al meglio i nostri ospiti. La vita del rifugio è molto bella ma impegnativa: ogni giorno c’è una sfida da risolvere ma c’è sempre un alto grado di soddisfazione! Le giornate scorrono veloci e c’è sempre qualche piccola grande manutenzione da risolvere. 

Cerchiamo sempre di ospitare al meglio con le nostre possibilità: i rifugi di fatto non sono alberghi perché i servizi sono limitati alla struttura e alla disponibilità degli approvvigionamenti, che avvengono tramite teleferica non tutti i giorni. Abbiamo molti amici che ci aiutano con il carico degli alimenti e lo scarico dell’immondizia. La catena che permette l’arrivo del piatto in tavola è molto lunga, per questo motivo l’organizzazione deve essere imponente, collaudata e precisa. L’organizzazione è fondamentale, ma prima di tutto devono esserci all’interno del rifugio le persone adatte che riescano a farlo funzionare, creando accoglienza con amore e precisione. Noi siamo un bellissimo team di lavoro, giovane… e questa è la nostra piccola famiglia che vi accoglie! 

Il rifugio è fatto di quattro mura, è chi accoglie che fa la differenza: se riesce a trasmettere il proprio amore nel lavoro, l’ospite se ne accorge anche se manca qualcosa in tavola.. Senza il loro aiuto non sarebbe possibile lavorare e fare un’accoglienza adeguata.  

Un consiglio che mi viene dal cuore è quello di non dare nulla per scontato: ogni cosa che troviamo sul tavolo nasconde dietro un pensiero, un impegno che è partito mesi prima per poter arrivare da voi… se qualcosa non c’è, magari ci sarà qualcos’altro… come un sorriso e due chiacchere!

Emanuele Tessaro, rifugista del Cima d’Asta