La fotografia di montagna
di Veronica Saggiorato (Biblioteca della Montagna-SAT – Servizio Civile)

La prima tecnica fotografica vede gli esordi nel 1839 in Francia, da dove incomincia una diffusione subito seguita da un processo evolutivo via via, nei decenni, sempre più marcato.

Verso la metà del XIX secolo questa innovativa tecnologia artistica raggiunge il Trentino con l’inglese John Ruskin (1819 – 1900) e il tedesco Ferdinand Brosy (1806 – post 1857), maestro, quest’ultimo, di un giovane Giovanni Battista Unterveger (1833 – 1912) che carpisce i segreti del mestiere ed apre a Trento uno tra i primi studi fotografici in Italia nel 1862. Satino della prima ora, Unterveger dedica molte escursioni alla realizzazione di vedute fotografiche, inizialmente per piacere personale e in un secondo momento su commissione del CAI o della SAT. Nel 1882 pubblica il suo primo catalogo fotografico, con più di mille immagini, intitolato Vedute del Trentino, rilevante non solo dal punto di vista fotografico, ma anche documentario e culturale, e col quale partecipa al Congresso Internazionale alpino di Salisburgo nell’agosto dello stesso anno. La sua passione e il suo talento vengono ereditati dal figlio Enrico (1876 – 1958) e dai suoi successori, andando così a tramandare una professione che diviene di famiglia.

Un altro pioniere trentino della fotografia è il farmacista Bartolomeo Gerloni (1833 – 1866), che sempre intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento si interessa ai processi fotochimici e apre così la prima rivendita di prodotti chimici per la fotografia di Trento.

Un altro fotografo professionista ingaggiato dalla SAT è pure Vincenzo Craveri, a cui viene commissionata nel 1873 un’illustrazione della Valle del Sarca.

Seguendo le orme specialmente di Unterveger, altri trentini con mezzi e tempo disponibili cominciano a dedicarsi alla fotografia; un numero considerevole di “dilettanti”, comunque capaci, destinato ad aumentare nel tempo e per la maggior parte iscritto al sodalizio.

Tra di essi compaiono nomi celebri come Antonio Tambosi (1835 – 1921), possessore di un notevole numero di lastre ritraenti l’Adamello, la Presanella e il Gruppo del Brenta, andate purtroppo distrutte durante la Seconda Guerra Mondiale; i fratelli Garbari (Giuseppe 1863 – 1937; Carlo 1869 – 1937), autori delle più belle fotografie di montagna dell’epoca, tra cui le prime in contesti innevati (1895 – Dolomiti del Brenta); Vittorio Stenico (1865 – 1941), dedito ai paesaggi alpini e agli aspetti folkloristici e scientifici della montagna, nonché alla sperimentazione di autocromie (sequestrate dalla Polizia e poi perdute durante la Prima Guerra Mondiale)  e innovativi metodi di stampa fotografica; Vittorio Micheloni (1868 – 1933), insignito di medaglia di riconoscimento per una mostra fotografica sulla montagna allestita a Trento; Giovanni Pedrotti (1867 – 1938), autore di una ricca documentazione di aspetti sia tipici che storici del Trentino e della SAT e di una raccolta di vedute da città italiane scattate tra 1900 e 1913; Giovanni Battista Trener (1877 – 1954), illustre geologo che raccolse un notevole archivio fotografico, specialmente di carattere scientifico; Giovanni Strobele, a cui dobbiamo una serie di fotografie documentanti la Prima Guerra Mondiale sulla Marmolada ed un’altra dedicata a vedute, sentieri e rifugi alpini.

A cavallo tra XIX e XX secolo, insieme a questi fotografi professionisti e amatoriali, sono presenti nel territorio ditte specializzate in riprese turistiche volte ad assecondare la domanda,  sempre più crescente, di immagini relative a montagne trentine e tirolesi da parte dei turisti.

Invece, nel primo decennio del Novecento acquisiscono particolare importanza iniziative editoriali e concorsi fotografici organizzati anche in Trentino e che vedono come partecipanti e vincitori alcuni dei nomi sopra citati. Nel 1905  vince il primo premio della mostra-concorso con tema il Trentino Enrico Unterveger, il quale l’anno successivo rappresenta il Trentino, insieme a Giuseppe Garbari, all’Esposizione Universale di Milano; nel 1907 alcune fotografie di Vittorio Stenico vengono pubblicate nella rivista torinese Fotografia Artistica; nel 1909 la SUSAT indice un concorso di fotografia alpina.

Durante il Primo Dopoguerra i fotografi professionisti e dilettanti aumentano numericamente. Fa parte del primo gruppo il mantovano Sergio Perdomi (1887 – 1935), trasferitosi a Trento a guerra conclusa. Maestro di Enrico e Silvio Pedrotti, anch’essi fotografi satini, è richiesto dalle società scientifiche per la sua tecnica raffinata e sensibile, visibile nel suo ricco archivio di soggetti folkloristici, paesaggi di media montagna e altri in grotta.

Con gli anni Trenta del Novecento la diffusione del piccolo formato Leica, inizialmente poco accolto dai professionisti, permette una proliferazione ancora maggiore di fotografi, sia esperti che dilettanti, così da rendere impegnativa, a volte impossibile, la ricerca degli autori di certi positivi.

Dal 1952 la SAT organizza, insieme al comune di Trento, il Film Festival della Montagna, all’interno del quale vi è un’apposita sezione fotografica che, nonostante la diffusione della fotografia, rimane appannaggio dei professionisti.

Nel ventennio successivo si è, invece, spettatori di una fotografia documentaristica e di denuncia. Sono gli anni, questi, in cui il paesaggio subisce vaste trasformazioni, in concomitanza con i grandi cambiamenti sociali degli anni Sessanta, e la SAT approfitta di queste immagini per spiccare nel suo ruolo di tutrice del paesaggio.

Un drammatico evento che porta la fotografia a far parte direttamente della Storia, ritornando indietro nel tempo al 1900, è la partecipazione di alcuni coraggiosi satini, sotto la guida del neo-presidente del Sodalizio Guido Larcher, al gruppo di spionaggio inteso a collaborare con l’Ufficio Informazioni Militari dell’Esercito Italiano. L’accordo prevede l’invio da parte della SAT di immagini riguardanti punti strategici di confine, opere di difesa nemiche e carte geografiche. Giovanni Garbari, ad esempio, fotografa tutto ciò che riguarda l’opera difensiva della Fortezza di Trento; Sergio Perdomi rende immortale la linea del fronte; Vittorio Micheloni, grazie al suo impiego quale fotografo con licenza, quindi con il permesso di esercitare anche al di fuori del comprensorio trentino, mantiene i contatti col Servizio Informazioni fino al suo arresto e internamento a Katzenau, nel maggio 1915. L’episodio che, però, ha segnato irrimediabilmente lo spionaggio irredentista è l’arresto, nell’agosto del 1909, di Giuseppe Colpi (1881 – 1918), giovanissimo satino dedito alla fotografia di “luoghi sensibili”, e di Enrico Unterveger.

La messa a nudo delle azioni irredentiste di questi soci spinge altri collaboratori trentini dell’Ufficio Informazioni a riparare nel Regno, almeno fino a processo concluso.

FOTO © Fotografo all’opera con accanto l’assistente che tiene pronta una lastra preparata poco prima nella tenda-laboratorio – dalla rivista “Ferrania”, Milano 1951

FOTO © Un fotografo in tenuta di campagna verso il 1875 – dalla rivista “Ferrania”, Milano 1951