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Itinerario Marchetti

Una affascinante escursione di alta montagna fra natura, storia ed emozioni a contatto con i ghiacciai dell’Adamello. Un itinerario d’alta quota che si colloca entro il Parco naturale Adamello-Brenta in una delle più vaste aree glacializzate delle Alpi e di quello che fu il fronte più in quota della Prima guerra mondiale. Intitolato all’appassionato glaciologico Vigilio Marchetti, l’itinerario si snoda fra l’ambiente severo dei ghiacciai del Mandron, della Lobbia e di Lares, lungo le valli di Genova, di Fumo e di Lares, in un continuo susseguirsi di paesaggi ed emozioni

A conclusione delle iniziative per rinnovare l’Itinerario glaciologico ‘Vigilio Marchetti’ che si sviluppa in 4 tappe per sentieri e ghiacciai nel Gruppo dell’Adamello su un anello che parte dall’Alta Val di Genova e tocca i rifugio Bedole, Mandron, Lobbia Alta, Val di Fumo e Carè Alto, la SAT, sabato 12 settembre, ha inaugurato il nuovo percorso.

Alla cerimonia, semplice ma significativa, che si è svolta al Rifugio Val di Fumo hanno partecipato un centinaio di persone. Ai canti introduttivi del Coro Cima Tosa di Bolbeno, fondato dallo stesso Vigilio Marchetti, ha fatto seguito l’intervento del presidente della Commissione sentieri SAT Tarcisio Deflorian ricordando l’origine dell’itinerario, chi lo ideò e promosse nel 1994, la proposta di rilancio del percorso modificandone l’iniziale tracciato andando a comprendere anche la Val di Fumo e la Val di Lares, l’intendimento di valorizzare maggiormente il tema glaciologico dell’itinerario. Infine ha ringraziato i volontari che si sono impegnati per il miglioramento della segnaletica dei vari sentieri che fanno parte dell’itinerario, i gestori dei rifugi coinvolti e la famiglia Marchetti per l’incoraggiamento e il sostegno per l’intera iniziativa. Roberto Bombarda, vicepresidente della Comunità delle Valli Giudicarie, ma anzitutto ideatore nel 1994 dell’itinerario Marchetti e fondatore della Commissione Glaciologica della SAT, ha fatto seguito ricordando la figura di Vigilio Marchetti, che a partire dal 1951 per oltre 40 anni ha rilevato lo stato dei ghiacciai dell’Adamello, della Presanella e del Carè Alto ed è stato maestro di molto glaciologi trentini a partire da suo figlio Franco che ne ha preso il testimone. Ha sottolineato l’impegno della SAT per lo studio dei ghiacciai esortando a continuare tale impegno.

Franco Marchetti, anche a nome della madre Augusta, anch’essa presente e dei famigliari, ha ringraziato la SAT e la sua Commissione sentieri per la valorizzazione del percorso e per il modo col quale è stato ricordato il padre Vigilio. La vicepresidente della SAT Mariacarla Failo ha proseguito gli interventi sottolineando il significato del percorso Marchetti e soprattutto il valore dell’amicizia e della cordata nel frequentare la montagna, dell’aiutarsi nelle difficoltà che si incontrano lungo il cammino.

Un momento della cerimonia di inaugurazione

Un momento della cerimonia di inaugurazione

Deflorian ha poi brevemente presentato la Guida all’itinerario Vigilio Marchetti che descrive, attraverso il contributo di vari esperti, il tracciato, le caratteristiche geografiche, ambientali, naturalistiche, glaciologiche, storiche di questo settore dell’Adamello trentino.Il presidente del Coro ha infine consegnato alla signora Augusta, una targa ricordo di Vigilio, fondatore del Coro Cima Tosa di Bolbeno e della Federazione dei Cori del Trentino. In conclusione la famiglia Mosca, che gestisce da quasi 50 anni il rifugio SAT Val di Fumo, ha offerto un brindisi ai presenti.Era quasi mezzogiorno quando in 18 si sono incamminati per la terza tappa dell’itinerario Marchetti verso il Passo delle Vacche e il Rifugio Val di Fumo per proseguire il cammino iniziato dal rifugio Bedole due giorni primaDal 10 al 13 settembre un gruppo di 12-18 persone ha percorso l’intero ‘Marchetti’, testando così l’intero itinerario, confermatosi eccezionalmente interessante dal punto di vista ambientale, naturalistico e storico, ma che, complici anche le condizioni meteo non proprio favorevoli, ha richiesto un impegno superiore rispetto alle attese, sia sotto l’aspetto alpinistico della seconda tappa, sia per l’impegno fisico richiesto. Un’esperienza davvero emozionante come scritto nel sottotitolo della guida.

Tappa Descrizione tappa dislivello m
tempi effettivi difficoltà
1 Val di Genova/Malga Bédole – Rifugio Bédole – Rif. Mandrón +900 03:00 E
2 Rifugio Mandrón – Rif. Lobbia Alta – Passo Val di Fumo – Rif. Val di Fumo +650/-1150 08:00/09:00 EEA
3 Rifugio Val di Fumo – Passo delle Vacche – Rif. Carè Alto +1500/-450 05:00 EE
4 Rifugio Carè Alto – Pozzoni – Lago di Làres – Ponte Rosso/Val di Genova +900/-1900 08:00 EE
L’Itinerario ‘Vigilio Marchetti’ ha inizio nei pressi della Malga Bédole, nella vasta spianata del Pian del Cuch (m. 1558) dove si arriva col servizio di bus navetta o in auto.

Per strada sterrata si raggiunge in mezz’ora il Rifugio Bédole ‘Adamello Collini’ (m. 1641), dove si imbocca il sentiero SAT 212 che, attraverso un bosco di conifere, rimonta con numerosi tornanti le balze rocciose che stanno alla base della Val Ronchina.

Oltrepassata la loc. Mezza Via (m. 2100) con panorama sempre più ampio verso i ghiacciai della Lobbia e del Mandrón, si superano due facili tratti attrezzati (Crozzetti) lungo altrettante cenge e dopo un lungo traverso fra i pascoli si arriva al Centro Studi Adamello ‘Julius Payer’ (m. 2425), coi vicini ruderi del Mandrónhütte, e poco oltre il Rifugio Mandrón ‘Città di Trento’ (m. 2442) (Ore 3).

Il rifugio è posto a monte di alcune conche glaciali in cui si trovano i laghetti del Mandrón, al centro di uno scenario alpino di rara bellezza, di fronte al ghiacciaio del Mandrón. Consigliabile la visita al soprastante Lago Scuro (m. 2668) che si raggiunge in circa 45 minuti, percorrendo il sentiero 209, verso il Passo del Maroccaro

Si tratta dell’unica tappa con caratteristiche alpinistiche, sconsigliata agli inesperti se non accompagnati da guida alpina o alpinisti esperti.

Dopo la sosta al Rifugio Mandrón, di buon’ora si prende il sentiero 236 che cala nella suggestiva conca coi laghetti del Mandrón per dirigersi verso la morena laterale della Vedretta del Mandrón. Con l’ausilio dell’attrezzatura alpinistica ci si inoltra con direzione sud-est nel ghiacciaio, aggirando i frequenti crepacci e facendo attenzione a quando la presenza della neve li rende poco individuabili e quindi più pericolosi. Attraversato il ghiacciaio, dopo una più ripida salita, si raggiunge il Passo della Lobbia Alta e il vicino, grande Rifugio Lobbia Alta ‘Ai caduti dell’Adamello’ (m. 3020) (ore 3).

Qui, se si dispone di una giornata in più, è consigliabile interrompere la tappa, per dedicarla a visitare i dintorni che sono disseminati di testimonianze della Prima Guerra Mondiale. Da valutare, inoltre, calcolando i tempi già dal primo mattino, la salita alla cima del Monte Adamello e/o del Corno Bianco.

Dal Rifugio Lobbia Alta si valica il vicino omonimo passo e si cala leggermente nel versante orientale sul ghiacciaio della Lobbia Centrale di Val di Fumo; lo attraverseremo lungamente a mezzacosta e in direzione sud-est fino a raggiungere l’amplissimo Passo di Val di Fumo (m. 2980) simile a un altopiano ghiacciato, attorniato dalle cime del Corno di Cavento e del Crozzon di Làres, a levante, e dalle creste del Dosson e del Monte Fumo, a sera.

Dal passo si piega verso sud, lungo il ghiacciaio, prima piano e poi leggermente più ripido, che si esaurisce ben presto sulle rocce granitiche dell’Alta Val di Fumo. Spettacolare è la vista sull’intera vallata dalla perfetta forma ad ‘U’: uno degli esempi più imponenti di valle glaciale alpina. Raggiunti gli ometti in pietra e i segnavia del sentiero 240, si scende rapidamente per le banconate di tonalite (attenzione in caso di vetrato) che cingono la testata della valle: è il luogo ideale per gli stambecchi. Dopo un più ripido e articolato salto roccioso, in minima parte attrezzato, si arriva alla base della parete (m. 2550 circa) dove inizia il lungo percorso su terreno morenico che precede la più alta delle verdi e suggestive conche delle Levade. Il sentiero si mantiene costantemente sulla destra orografica del Fiume Chiese, aggirando grandi massi e ontaneti; al bivio della Casina delle Levade (m. 2050), lascia sulla destra il sentiero 247, che conduce alla Porta di Buciaga, e prosegue fino al bivio col sentiero 222A (m. 1950 circa). Qui si può scegliere se raggiungere il Rifugio Val di Fumo, in circa mezz’ora, continuando per il sentiero 240, passando dalla Malga Val di Fumo, oppure oltrepassare subito il fiume e proseguire sulla sponda opposta per i sentieri 222A e 222; il tempo impiegato è più o meno lo stesso. (totale 8-9 ore)

L’accogliente rifugio (m. 1909) si trova in bella posizione, su un piccolo promontorio al limitare di un lariceto, dove la Val di Fumo piega leggermente e consente di vederne sia la testata che il tratto più a valle, con la diga e il Lago di Malga Bissina.

Il tragitto è completamente sul sentiero 222. Dal rifugio Val di Fumo si percorre verso nord per un breve tratto la Val di Fumo e, in corrispondenza del bivio col sentiero 222A, che prosegue per il fondovalle, si gira a destra per risalire un ampio e ripido vallone. Il sentiero è piuttosto scomodo, segnato per lunghi tratti dall’erosione, e guadagna progressivamente quota, spostandosi sul fianco destro, fino ad un costone morenico da dove si domina in modo spettacolare l’intera vallata, mentre in alto sovrasta la mole rocciosa del Carè Alto. Dopo un’ultima rampa si raggiunge finalmente il Passo delle Vacche (m. 2854), sullo spartiacque fra la Val di Fumo e la Val di San Valentino. Il sentiero ora si abbassa fra i sassi, alla testata della Val Dosson Alta e, dopo aver intercettato l’itinerario 224, che arriva dalla Valletta Alta e dalla sottostante Casina Dosson, attraversa la Bocca di Conca (m. 2674). Passati nel versante dell’Alta Val di Borzago, con vista sempre più ampia verso le Dolomiti di Brenta, fra macereti, magri pascoli e rocce montonate, si cala progressivamente in direzione nord-est fino a raggiungere il Rifugio Carè Alto, dedicato all’ing. Dante Ongari, studioso di queste montagne e presidente della SAT dal 1967 al 1969 (m. 2459) (ore 5).

Per godere appieno di questa tappa, dell’ambiente e delle peculiarità storiche e naturalistiche, ma anche in considerazione della sua lunghezza, si consiglia di partire al mattino presto.

Appena fuori dal Rifugio Carè Alto, si scende per la gradinata del caratteristico intaglio del ‘Bus del Gat’ e per il sentiero 215 si attraversa, grazie ad un passaggio su funi sospese, il Rio Niscli, quando è ancora al minimo della portata.

Poco oltre si abbandona il sentiero che porta al Passo Altari e si sale lungo la traccia del segnavia 218A fino alla Sella di Niscli (m. 2870) coi vicini laghetti glaciali dei Pozzoni. Qui, fino a pochi decenni fa, arrivava uno dei rami laterali del ghiacciaio di Làres, attualmente ritiratosi di qualche centinaio di metri. I segnavia conducono a sfiorare la sommità della cima dei Pozzoni, dove si trovano le testimonianze di quello che fu uno dei maggiori centri nevralgici del sistema difensivo austroungarico del fronte adamellino. Il percorso è emozionante e, dopo aver superato un piccolo tratto attrezzato, si abbassa fra massi e rocce montonate fin nei pressi del Passo dei Pozzoni (m. 2800). Si continua seguendo verso nord-ovest il segnavia 214 che, ondulando a monte del Lago inferiore dei Pozzoni, chiamato anche Lago della Busa del Morto, raggiunge il crinale che costeggia il ghiacciaio di Làres; tratto questo usualmente innevato fino ad estate inoltrata. Si cammina ora a lungo per il panoramico crinale (m. 2834) su un camminamento della Prima guerra mondiale, seguendo la linea del fronte austroungarico; il terreno è disseminato di numerosissime testimonianze (trincee, bunker, muri a secco, scalinate, baraccamenti, ecc). La vista sul ghiacciaio di Làres, sovrastato da Carè Alto, Monte Folletto, Corno di Cavènto e Crozzon di Làres, è grandiosa. Scesi quindi per un costone che domina l’Alta Val di Làres e il Lago di Làres, si arriva nell’alveo del torrente che scaturisce dal ghiacciaio, il cui fronte ora è ben lontano; guadato il corso d’acqua (guado che nelle ore più calde può potrebbe rivelarsi problematico costringendo a risalire fino al fronte della vedretta per attraversare sul ghiaccio), i segnavia conducono su un più agevole percorso che permette di superare le banconate di tonalite, modellate dall’azione erosiva del ghiacciaio, e di raggiungere la sponda orientale del Lago di Làres (m. 2655) (ore 4 dal Rifugio Carè Alto).

In prossimità dell’emissario del lago, si imbocca il sentiero che si abbassa lungamente fra le rocce montonate e i radi pascoli del ripido versante della sinistra orografica della Val di Làres. L’ambiente è selvaggio e solitario e la fatica comincia a farsi sentire; si passa nei pressi dei ruderi dell’ex Rifugio Làres (m. 2089) e, giunti sul fondovalle, cercando di evitare le zone paludose dovute ai frequenti straripamenti del Rio di Làres, si continua fino alla Malga Làres (m. 1891) posta su un panoramico dosso affacciato sulla Val di Genova e la Presanella.

Dal piccolo edificio, che costituisce un punto di riferimento e di riparo in caso di bisogno, il sentiero, in parte lastricato, scende tortuoso per la ripida scarpata boscosa, e, più in basso, affianca le spettacolari Cascate di Làres. Finalmente arrivati al Pian di Genova (m. 1110), sul fondo della Val di Genova, si supera il Ponte Rosso sul Fiume Sarca, dove termina l’Itinerario glaciologico ‘Vigilio Marchetti’.

Da qui, volgendo a destra sulla strada di fondovalle, in pochi minuti si può raggiungere il vicino Rifugio Fontanabona

Info & Download

Informazioni sul sentiero e file .gpx da scaricare.

A ventun anni di distanza dalla sua nascita, ideato nel 1994 dalla Commissione Scientifica e dal Comitato Glaciologico della SAT, l’Itinerario glaciologico Vigilio Marchetti viene ora riproposto, ampliato e in parte modificato, non più in tre, bensì in quattro tappe. Una evoluzione, un prolungamento, una cornice ulteriore di fascino. Un po’ come è successo per il capofila degli itinerari ideati in questi ultimi decenni, il San Vili, a cui era stato accostato il Marchetti, un ‘San Vili d’alta montagna’. Anche per il Sentiero San Vili, infatti, nel 2014 è stata proposta una nuova versione con la nascita, accanto al percorso tradizionale, definito ora ‘San Vili alto’, di un nuovo ‘San Vili basso’.

marchetti cover ico

Se spirito comune dei due itinerari è quello di valorizzare le nostre montagne in tutti i loro aspetti e di stimolarne la frequentazione, ben diversi sono per la maggior parte gli ambienti attraversati. Proposta escursionistica di bassa e media montagna il San Vili, che si snoda fra prati, boschi, casolari abbandonati, antichi sentieri recuperati. Itinerario d’alta montagna il Vigilio Marchetti, in ambienti severi di grande bellezza, lungo le tracce ancora ben presenti della Guerra Bianca, nel mondo affascinante dei ghiacciai, attraverso quella che, nonostante il progressivo, inarrestabile arretramento, resta ancora una delle più ampie aree glacializzate delle Alpi. Non a caso i suoi ideatori lo hanno voluto intitolare a Vigilio Marchetti, l’appassionato glaciologo di Bolbeno, nelle Giudicarie, che per quasi quarant’anni ha percorso con grande passione ed impegno i ghiacciai fra Adamello, Presanella e Carè Alto, quale osservatore ufficiale del Comitato Glaciologico Italiano.

Quello che propone l’itinerario Marchetti è un alpinismo ‘a passo lento’, fatto con lo spirito di una volta; un’esperienza fisica, ma soprattutto emozionale e culturale, lungo i sentieri tracciati nei secoli da pastori e cacciatori e che furono, purtroppo, anche teatro della guerra più in quota della storia.

Dalla Val di Genova, attraverso le vedrette del Mandrón e delle Lobbie, per scendere poi in Val di Fumo; e quindi risalire verso la mole severa del Carè Alto, costeggiando la vedretta di Làres e discendendo per la bella e ancora incontaminata valle omonima. Un percorso emozionante attraverso alcuni degli ambienti più selvaggi del Trentino, fra corsi d’acqua e alte cascate (quelle di Nardis e di Làres, ma anche quelle che fuoriescono dalle vedrette del Mandrón e del Matarot) e laghi dalle acque cristalline; fra lingue glaciali e rocce che portano ben chiari i segni di millenni di erosione e modellamento; fra valli verdi, mondi di alpeggio e di malghe, dove l’uomo per secoli ha cercato con fatica di strappare ad una natura avara tutto quel poco che poteva dare: il fieno per il bestiame, il legname per costruire le case e per scaldarsi. Se oggi tutto questo mondo non è più luogo di fatiche, ma di svago per tanti turisti e alpinisti, questa pubblicazione è però anche un invito a non dimenticare ciò che è stato.

Con questa pubblicazione la SAT prosegue nel suo impegno statutario di valorizzazione della montagna, ma anche di promozione della cultura della montagna. In questa direzione vanno gli importanti capitoli sugli aspetti geologici e glaciologici, sulla flora e la fauna, sulla storia dell’esplorazione e sulle vicende belliche. Non solo una guida escursionistica, quindi, ma un importante apporto di conoscenza su una delle più belle zone del Trentino.

Il presidente della SAT

Claudio Bassetti

Tipologia Sito Internet Email Telefono
Società degli Alpinisti Tridentini www.sat.tn.it sat@sat.tn.it 0461.981871
Parco Naturale Adamello Brenta www.pnab.it info@pnab.it 0465.806666
Trentino Trasporti www.ttesercizio.it info@pnab.it 0461.821000
APT Madonna di Campiglio-Pinzolo-Val Rendena www.visittrentino.it
Guide Alpine del Trentino www.guidealpinetrentino.it info@guidealpinetrentino.it
Museo della Guerra Adamellina di Spiazzo Rendena www.museograndeguerra.com

PUNTI DI APPOGGIO

Rifugio “Adamello Collini” al Bédole
È situato in località Pian di Bédole, nell’alta Val di Genova, nel comune di Pinzolo, a 1641 metri slm. È gestito dalla famiglia Collini e dispone di 36 posti letto.

Telefono gestore: 0465.502325
Telefono, fax: 0465.501405
Web: www.rifugiobedole.altervista.org


Rifugio Mandrón “Città di Trento“
È situato in località Laghi del Mandrón, nel comune di Spiazzo Rendena (TN), a 2442 metri slm. È gestito da Davide Gallazzini e dispone di 100 posti letto e 6 posti di bivacco invernale.

Telefono gestore: 0465.321854
Telefono rifugio: 0465.501193
E-mail: davide.gallazzini@virgilio.it


Rifugio “Ai Caduti dell’Adamello”
È situato al Passo della Lobbia Alta, tra le vedrette della Lobbia e dell’Adamello-Mandrón, nel comune di Spiazzo (TN), a 3040 metri slm. È gestito da Romano Ceschini e dispone di 100 posti letto e 6 posti di bivacco invernale.

Telefono rifugio: 0465.502615


Rifugio Val di Fumo
È situato nell’Alta Val di Fumo ai piedi del massiccio del Carè Alto, nel comune di Daone (TN), a 1998 metri slm. È gestito da Gianni Mosca e dispone di 50 posti letto e 6 posti di bivacco invernale.

Telefono gestore: 0465.804107
Telefono rifugio: 0465.674525 – 327.4419578
E-mail: fflm@hotmail.it


Rifugio Carè Alto “Dante Ongari“
È situato in località Bus del Gat, lungo il crinale della cima omonima, nel comune di Pelugo (TN), a 2459 metri slm.
È gestito da Marco Bosetti e dispone di 85 posti letto e 6 posti di bivacco invernale.

Telefono gestore: 0465.802093 – 340.2943731
Telefono rifugio: 0461.948080
E-mail: rifugio@carealto.it
Web: www.carealto.it


Bivacco Eugenio Segalla
È posto sulla cresta sud-ovest del Carè Alto a quota 3050 metri slm, mezz’ora a monte del Passo delle Vacche. Dispone di 6 posti letto. Costruito dalla Sezione SAT Ledrense con l’aiuto della Sezione SAT di Pieve di Bono, che ora lo gestisce, è stato inaugurato nel 1976 e dedicato all’alpinista trentino Eugenio Segalla.

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VIGILIO MARCHETTI

di Elio Caola

Vigilio Marchetti è scomparso nel luglio del 1993 all’età di 78 anni, a Bolbeno nelle Giudicarie, suo paese natale. Il Brenta, il Carè Alto, la Presanella, l’Altissimo sono stati gli orizzonti, il limite territoriale dei suoi sogni da bambino, quando si inoltrava nei boschi che circondano il paese per raccogliere la legna o i frutti del sottobosco, oppure, guidato dal Parroco, per una gita in malga.

Superati i periodi difficili delle due guerre mondiali, nel 1946 si laurea in Scienze Naturali presso l’Università di Padova, ribadendo, anche con la scelta della facoltà scientifica, la sua attenzione culturale al mondo della natura.

Insegnante di geografia economica presso gli Istituti tecnici di Valdagno, Merano e infine Trento, cercava di trasmettere ai giovani l’amore e il rispetto della natura, acquisendo la fama di insegnante severo, ma giusto e quindi rispettato. Nel 1951, a seguito di un incontro al rifugio Mandrón con il dott. Giuseppe Morandini, ordinario di geografia all’Università di Padova e membro del Comitato Glaciologico Italiano, si propose quale collaboratore nel controllo dei ghiacciai del Gruppo Adamello Presanella e Carè Alto. Un compito importante che egli svolse da solo, senza soluzioni di continuità e senza pretendere compenso alcuno. Nel 1954 conseguì anche l’abilitazione di guida alpina, professione peraltro quasi mai esercitata, ma che gli diede modo di diffondere fra i suoi colleghi quelle informazioni scientifiche indispensabili per completare il bagaglio nozionistico e professionale. Sposatosi nel 1959 con Augusta Delugan, sua compaesana, coinvolse la moglie in questo suo hobby al punto da condurla sul ghiacciaio della Marmolada già il primo giorno di nozze. Anche i figli, le due figlie ed il più giovane, Franco, che continua oggi l’impegno del padre quale componente del Comitato Glaciologico Trentino della SAT, si aggregarono non appena possibile alle gite sui ghiacciai, aiutandolo nelle misurazioni. E non furono sempre gite piacevoli e tranquille: durante i rilievi della fronte della Vedretta del Làres, insieme all’amico e collaboratore Saverio Girardini di Bolbeno, Vigilio subì un grave incidente. Ma non desistette. Spesso si aggirava da solo a prendere le misure ai bordi del ghiacciaio, suscitando interesse e perplessità in chi lo incontrava per il suo abbigliamento non proprio alla moda: pantaloni alla zuava e scarponi fatti fare con la punta quadra e con il cinturino a cavallo del collo del piede per trattenerlo meglio nella discesa, tanto da farlo sembrare riapparso dai crepacci dopo anni di ibernazione. Non era affatto, il professor Marchetti, persona tirchia od eccessivamente affezionata alle cose tradizionali, comunque fossero, bensì aperta al nuovo, se più comodo e più funzionale di quello già sperimentato. Era un uomo gentile, accattivante con il suo largo sorriso e con la parlata schiettamente dialettale della ‘Busa’. Disponibile alle iniziative sociali, fu il fondatore della Federazione dei Cori del Trentino. La sua saggezza derivava da quella cultura montanara maturata in un ambiente sociale straordinario, ma difficile per chi non possiede una filosofia di vita a prova di illusioni e concreta nei fatti.

Socio fedele della SAT – delle Famiglie Marchetti di Bolbeno fa parte il fondatore della gloriosa società alpinistica – egli l’ha onorata con il suo contributo nella diffusione delle conoscenze sull’ambiente alpino ed in particolare nel settore della glaciologia. Nell’agosto del 1990 aveva compiuto la sua ultima escursione sui ‘suoi’ ghiacciai, alla Vedretta del Mandrón, insieme al gruppo dei rilevatori glaciologici della SAT ai quali, sul campo, aveva impartito una lezione pratica di glaciologia. Con quell’atto ha consegnato al figlio Franco ed ai suoi allievi il testimone per la prosecuzione di un lavoro al quale ha dedicato amore e fatiche con grande intelligenza e generosità.