Nella ricordo della gente di montagna in questo 27 gennaio, Giornata della Memoria, densa di significati e di simboli, ricordiamo l’importante figura di Ettore Castiglioni e il suo sacrificio, attraverso il racconto di Riccardo Decarli, bibliotecario e responsabile della Biblioteca della Montagna SAT.
Vi proponiamo l’intervista a Decarli tenutasi per la ricorrenza di quest’anno e, a seguire, un articolo redatto nel 2018 in occasione del 110° anniversario dalla nascita dell’alpinista (28 agosto 1908 alla Mendola).

Ettore Castiglioni: nel Giorno della Memoria il ricordo del grande alpinista milanese, nato in Trentino

Ettore “?Nino” Castiglioni scompare il 12 marzo 1944, mentre cerca di fuggire dalla Svizzera, dove è stato arrestato. Sfinito, privo di attrezzatura e abiti adeguati, viene sorpreso da una bufera al Passo del Forno, si riposa dietro un masso e lì muore assiderato. Era nato al Passo della ?endola ?all’epoca ?Mendelpass?, il 2?8 agosto del 1908, mentre i genitori, abbienti milanesi, si trovavano in vacanza in Alta ?Val di ?Non.

Proprio alla Mendola, lo scorso 28 agosto, si è tenuto un incontro per ricordare la nascita del famoso alpinista. Paolo Vita, appassionato organizzatore, ha chiamato a raccolta alcuni parenti di Castiglioni ?Alessandro Tutino, nipote di Ettore e Luigi Galletto, nipote di Bruno Castiglioni?, alpinisti ?Carlo Claus, Sergio ?Martini, Franco Sartori e L?uca ?Giupponi?, storici ?Alessandro de Bertolini e ?Maria ?Luisa Crosina?, il presidente dell’A?NPI? Trentino ??ario Cossali?, una rappresentanza del CAI? Tregnago ?sezione intitolata a Castiglioni? e altri, che hanno partecipato all’inaugurazione di un cippo commemorativo, presso Villa Silvia, realizzato da Federico Seppi.

Dopo molti libri, articoli e film, è ancora possibile dire qualcosa di nuovo su Castiglioni? Forse è possibile sottolineare e aggiungere qualche sfumatura, piccoli contributi per riscoprire questa figura, tanto importante nell’alpinismo italiano e non solo.

Castiglioni con Lucia Nicolini, protagonisti della prima salita lungo la parete nord-ovest di Cima d’Agola nel settembre 1942
(Biblioteca della Montagna-Archivio storico SAT, Fondo Gino Pisoni)

I?niziando con la fine, rimane da chiarire il motivo che lo spinse a compiere quell’ultima, fatale, traversata verso la Svizzera, consapevole dei gravi rischi. La versione diffusa è che tentasse di ricomporre un gruppo di partigiani, per proseguire l’attività iniziata in Valpelline mesi prima e cessata dopo il suo primo arresto, oppure che cercasse un contatto con il consolato inglese a Ginevra. Fin da subito invece l’amico Balliano avanza l’ipotesi, pur in forma dubitativa, che Castiglioni si trovasse in quella zona per studiare il terreno, con lo scopo di scrivere una nuova guida ?(Adolfo Balliano – “…e non potrai tornare: in memoria di Ettore Castiglioni”, Torino, Montes, 1945, pp. 111??). Balliano tenta anche una ricostruzione delle ultime ore, ma, non essendo a conoscenza dell’arresto di ?Nino, scrive una sorta di romanzo. In una lettera di Vitale Bramani a Marino Stenico e Annetta Dalsass Stenico, datata 12 giugno 1944 ?(pubblicata in: Dal Diario inedito di ?Ettore Castiglioni, ??: ?a SAT: cento anni: 1872-1972, Trento, SAT, 1973, pp. 4?1?), emerge una versione differente: Castiglioni avrebbe partecipato ad un corso di sci della SUCAI, dal quale poi si sarebbe staccato per proseguire da solo. ?Nell’epistola non c’è traccia dell’arresto e della fuga, dettagli sconosciuti a Bramani, e nemmeno delle motivazioni ?(forse una missione) ?che avrebbero spinto Castiglioni a varcare il confine, ma si racconta il ritrovamento del corpo, fatto dal vice prefetto di Sondrio (?non da Carletto ?Negri, come ricostruito altrove)?. Forse si tratta di un “?Giallo politico”? Questo l’interrogativo della scrittrice ?Irene Affentranger ?(Adolfo Balliano, ?Irene Affentranger – “…e non potrai tornare: in memoria di Ettore Castiglioni”, Rist. anast., Belluno, ?Nuovi sentieri, ?006, pp. 1?). Tra le varie ricostruzioni si avanza anche l’ipotesi di una visita ad un nipote rifugiato in Engadina ?(Aldo Bonacossa – E?ttore Castiglioni ?1908-1944?, ??: Rivista mensile del CAI?, A. 89, n. 6 ?giu. 1968?, pp. ?91?). Per Carlo ?Negri quel nipote era Saverio Tutino ?(Carlo ?egri – Una scelta di libert?à, In: L?a rivista del CAI?, A. 11?, vol. 63 ?sett.-ott. 1994?, pp. ?6)? e specifica che Castiglioni si era aggregato al corso di scialpinismo della “Parravicini” ?diretto proprio da ?Negri?, come scusa per espatriare in Svizzera e andare in soccorso di suo nipote Saverio. Castiglioni avrebbe concordato con ?Negri di raggiungere il Passo di ?Vazzeda, dove N?egri lo aspettava, ma, a causa della tormenta e delle guardie svizzere che lo incalzavano, puntò invece sul Passo del Forno, con il noto e tragico esito.

Firma di E. Castiglioni e S. Agostini sul libro di vetta della Torre Winkler nel 1929
(Biblioteca della Montagna- Archivio storico SAT, Fondo Libretti di vetta)

Per ricostruire questi ultimi giorni manca la fonte principale, ossia, il diario, il fedele compagno al quale Castiglioni affida i suoi pensieri fin dall’inizio dell’adolescenza, ma che cessa di venire compilato proprio negli ultimi giorni. Dunque, come sottolineato giustamente da Marco A. Ferrari, si possono solo avanzare congetture (M??arco A. Ferrari – Il vuoto alle spalle, Milano, Corbaccio, 1999, pp. ?1?9??). I?potesi e interrogativi su un episodio, pur tragico, che, secondo un autorevole storico, risultano comunque liminari nella biografia di Castiglioni ?(Alessandro Pastore – Alpinismo e cultura antifascista: i diari di Ettore Castiglioni, ??: Rivista storica italiana, ?Napoli, A.109 ?199??, pp. 1066)?. Certo è il fatto che tra gli alpinisti italiani è difficile trovare un altro protagonista al quale, come per Castiglioni, possa calzare perfettamente la definizione di “Intellettuale della Montagna”.

Quando arriva per la prima volta in Dolomiti N?ino è un ragazzino, ma nel giro di pochi anni mostra il suo grande valore di alpinista. Parallelamente prosegue gli studi in giurisprudenza ?si laurea nel 1931, ma esercita solo per pochi mesi a Londra, tra 1932 e 1933?, studia le lingue straniere e coltiva la passione per le manifestazioni culturali: letteratura, musica e arte.
Chissà a cosa pensa quando suona il suo pianoforte, quasi un’antinomia, come evidenziato dal suo biografo Marco A. Ferrari: rudi mani da rocciatore che suonano Debussy.
Emerge anche un tormento, un desiderio di solitudine tra i monti, forse il solo luogo dove si sente a suo agio, vagabondando da solo. Oppure individuare una via di salita e scegliere un adeguato compagno di cordata per concretizzarla. Nulla importa se l’amico di turno non appartiene alla facoltosa borghesia, anzi meglio se è semplice e saldamente ancorato a terra, o, meglio, alla roccia. Allo stesso modo nella piccola comunità all’alpeggio del Berio, tra i partigiani, cerca di annullare le differenze sociali, riuscendo a non farsi chiamare “signor tenente”, ma semplicemente per nome, anche se i sodali continuano a dargli del lei. Sono moti di ribellione antiborghese, così come l’abbandono del rispettabile lavoro a ?Londra e il rifiuto di un posto da avvocato, azzardato però interpretarli come posizione ideologica ?(Alessandro Pastore – Alpinismo e cultura antifascista: i diari di ?Ettore Castiglioni, IN ??: Rivista storica italiana, ?Napoli, A.109 ?199??, pp. 1069?).

?Inaugurazione del Rifugio Agostini il 5 settembre 1937. In prima fila, secondo da sinistra, Gino Pisoni, quindi Ettore Castiglioni, Vitale Bramani accanto a Bruno Deatassis
(Biblioteca della Montagna-Archivio storico SAT, Fondo G. Pisoni)

A Trento ho trovato in tutti cordialità e stima e una disinteressata sollecitudine ad aiutarmi nel mio lavoro. Anche l’atteggiamento con cui vengo accolto è ora cambiato; non sono più l’arrampicatore o l’atleta, che si può ammirare ma non suscita simpatia? ma sono ?lo studioso che?? tr?ae? p?rofitto ?dall??a sua attività alpinistica per valorizzarla con le facoltà intellettuali. Questa è la nuova e più grande ricchezza che la montagna mi dona, una ricchezza che impedirà l’inaridirsi di un’attività che sarebbe stata t?roppo l?imitata se? fosse? r?imasta sol?am?ente? fisica?”
(Dal diario di Castiglioni, datato 10 aprile 1934, pubblicato in: Op. cit., pp. 4??-4?6)?.

?Nel corso degli anni Castiglioni intesse uno stretto rapporto con il Trentino. Qui viene per arrampicare, soprattutto nelle Dolomiti di Brenta, Marmolada e Pale di San ?Martino. N?el 192?1 e 19??22 è sulle Torri del Vaiolet con Tita Piaz, che può essere considerato il suo primo maestro in roccia. ?Nel 1925 esordisce come capocordata sul Sass da Mur. Stringe saldi legami di amicizia con alcuni alpinisti locali che hanno fatto la storia delle Dolomiti e per ciascuno traccia un ricordo sul suo diario. ?Ne esce una singolare galleria di ritratti. Impossibile qui riportarli tutti. Tra i trentini si ricordano Silvio Agostini, Guido Leonardi… e naturalmen- te Bruno Detassis, “[…] l’amico che ha guidato i primi passi incerti verso la conquista, e il compagno di cordata ideale di tutte le vittorie più belle”.
(Dal diario di Castiglioni, datato ?9 agosto 1933, pubblicato in: Op. cit., pp. 4)???.

Per Detassis prova una profonda ammirazione: “[…] la sua onestà e rettitudine morale pare in certi momenti un mito di un eroe antico; certo al giorno d’oggi fa stupore” ?(Dal diario di Castiglioni, datato 10 aprile 1934, pubblicato in: Op. cit., pp. 4)???. Così invece Detassis, in uno dei suoi rari scritti, ricorda Castiglioni: “[…] In ogni prima ascensione noi non si cercava il d?ifficile?? nel?? facile???, ma il? facile?? nel?? d?ifficile?? ?e l?a ?log?icità della vita. Quegli anni posso certamente collocarli tra i più belli della mia vita alpina, e di Ettore Castiglioni ho sempre conservato un bellissimo ricordo, che anche a distanza di anni mai si è sbiadito”?  (Archivio Famiglia Detassis, 0?-1)???. ? E in un altro: “A Braunschweig il Lager 6009, ove mi trovavo, un giorno ritornando dal lavoro forzato trovo la tanto attesa posta, una semplice cartolina postale di mia moglie. Nelle prime righe essa diceva: il tuo amico Ettore è morto in montagna; e null’altro. Nella mia lontananza immaginavo che gli amici più fortunati di me all’8 settembre avevano potuto final?m?ent?e seguire l’ideale di libertà ?tanto sognato assieme e la notizia perciò venne da me accolta in quel tempo come una cosa naturale. Al mio rientro in patria, quando, passato il Brennero pensavo all’incontro con i miei cari, cercavo nell’oscura notte, dalla tradotta, i monti, e scorgendo il l?or?o pr?ofil?o con un no?do a? cuore? e com? in un sogno mi passavano attraverso il piombo del cervello le lunghe traversate fatte con Ettore, per le crode.” (?Archivio Famiglia Detassis, 0?-?8??).

Castiglioni durante la traversata sciistica delle Pale di San Martino nel 1933
(foto Aldo Pedrotti, Biblioteca della Montagna-Archivio storico SAT)

Poi Aldo Pedrotti, con il quale nel 1933 Ettore compie la prima traversata scialpinistica delle Pale di San Martino da Garès a Paneveggio “[…] sciare con Aldo Pedrotti, nell’ebbrezza di una neve polverosa, fra i boschi incantati, con un paesaggio magico” (?Dal diario di Castiglioni, datato 31 dicembre 1933, pubblicato in: Op. cit., pp. 4?4?).

Q?uindi G?ino Pisoni, che conosce quando è ancora giovane e un po’ incosciente, ma segue in tutto il suo percorso di crescita fino a definirlo come uno dei migliori scalatori italiani, ideale capocordata, al quale talvolta si piega ?gli era successo solo con V?inatzer?: “?Pisoni? veniva ai monti solo per i monti e sapeva godere l’arrampicata come il bosco, la malga e il pastore come il viaggio e i luoghi nuovi […] Con lui anche in roccia mi sono sentito di nuovo sicuro come nei miei anni migliori […]” ?(Dal diario di Castiglioni, datato 13 agosto 1938, pubblicato in: Op. cit., pp. 46?-463)?.
A sua volta Pisoni traccia un bel ricordo di Ettore, dal primo incontro nel 1933, compreso l’incidente causato dallo stesso Pisoni che deturpò una parte del labbro di Castiglioni, motivo per il quale Ettore decise di lasciarsi crescere i baffi ??(Gino Pisoni – E?ttore Castiglioni, ??IN: 94a Assemblea generale: 4 novembre 1945, Trento, SAT, 1945, pp.30-33)?.

Poi ?Giorgio ?Graffer, con il quale non arrampica e s’incontra solo poche volte, eppure il biondo capitano pilota gli lascia una profonda impressione: “[…] È morto Graffer, nel cielo d’Albania, in una delle sue azioni di eroico ardimento. La notizia mi ha commosso e mi ha serr???ato fin ?quasi al? pianto. ?Un s?enso d?i an?goscia ?e d?i odio ancor più violento contro chi ci trascina in questa pazza corsa verso l’abisso […]???” ?(Dal diario di Castiglioni, datato 20 dicembre 1940, pubblicato in: Op. cit., pp. 46)??. N?el luglio 1941, assieme al nipote Saverio Tutino, Castiglioni sale un torrione nelle Dolomiti Orientali e lo dedica a Graffer.

?Nell’estate del 1943, l’incontro con ?Marino Stenico, ancora poco noto, ma subito Castiglioni ne percepisce le qualità. Conosce anche Annetta Dalsass Stenico, che per tutta la vita conserver?à di ?Nino un ottimo ricordo, unito ad una grande ammirazione.?

Non incontra solo provetti alpinisti, ma anche semplici appassionati di montagna, come un figlio di Cesare Battisti, Camillo,“Esempio raro di purezza morale” ?(Dal diario di Castiglioni, datato 11 maggio 1931, pubblicato in: Op. cit., pp. 4?0)?.

Buona parte di questi alpinisti, assieme al presidente della SAT Tambosi, si ritroveranno nel 1946 a Tregnago, ai piedi dei Lessini, dove i Castiglioni avevano una villa, al momento della tumulazione nel sepolcro di famiglia (L??a tumulazione di ?Ettore Castiglioni a Tregnago, IN??: Bollettino della SAT, A. 1?, n. 1 – 1? luglio 1946 -, pp. 1)??.

U?n mome?nto ????della traslazione? dell????a sal?ma d?i ?Castiglioni a Tregnago nel 1946, alla presenza di alcuni noti a?lpinisti trentini; si riconoscono, da sinistra: Bruno Detassis, Giovanni Battista Tambosi (con gli occhiali scuri), Gino Pisoni, Annetta Dalsass Stenico, Paolo Graffer, Ettore Gasperini “Medaia” e Marino Stenico.
(Biblioteca della Montagna- Archivio storico SAT, Fondo Gino Pisoni)

Dopo un lungo oblìo è proprio in Trentino che si riscopre la sua figura, andando oltre le celebri guide alpinistiche. In questo è determinante il ruolo della SAT, che, nel suo volume commemorativo per il centenario di fondazione, pubblica per la prima volta stralci dai diari. Trascorreranno una ventina d’anni prima della pubblicazione di altre pagine.

Facciamo un passo indietro. Poco più che ventenne Castiglioni trova in Celso Gilberti il compagno ideale per le imprese su roccia, ma poco dopo ?1933? ?Gilberti precipita dalla Via Diretta della Paganella assieme a Eriberto Pedrini. Al recupero delle salme partecipa Bruno Detassis – all’epoca portatore, diventa guida alpina nel 1935 -, che nel volgere di poco tempo prende il posto di Gilberti nella cordata di Castiglioni. Si forma così una delle migliori cordate dolomitiche di sempre.

N?el 1934 il Touring Club ?Italiano incarica Castiglioni di redigere la guida alpinistica delle Pale di San Martino. Per questo difficile lavoro si avvale della collaborazione di Detassis. I due sulle Pale compiono grandi salite, molto difficili e di notevole sviluppo. In un mese realizzano circa una nuova salita ogni due giorni, un ritmo incredibile, anche per gli alpinisti di oggi. Per Castiglioni Bruno Detassis diventa così il compagno ideale, fidato, sicuro, saggio. Bruno parla poco, ma forse confida a ?Ettore qualcosa. Forse gli parla del padre Antonio, socialista e sindacalista, amico e collaboratore di Battisti, che sta pagando le sue idee con le botte ricevute dalle squadracce.
Terminata l’esplorazione delle Pale di San Martino, si spostano sulle Dolomiti di Brenta. Qui trovano pareti ancora immacolate, pochi alpinisti e rifugi spartani. È un alpinismo esplorativo, che si concretizza con importanti salite.

N?el 1936-37? l’intermezzo della Patagonia, terra estremamente selvaggia, con cime da sogno. Una spedizione guidata da Aldo Bonacossa, decisamente in anticipo sui tempi. In linea con quel desiderio di perdersi tra i monti, tipico di Castiglioni. Terra di sogni, di viaggiatori, confine del mondo. È singolare che vent’anni dopo sarà proprio Detassis a guidare una spedizione in Patagonia, aprendo definitivamente questi orizzonti agli alpinisti.

L’albergo dove nacque Castiglioni. Sulla destra, vestito in azzurro, Alessandro Tutino, nipote di Ettore Castiglioni (foto R. Decarli)

Castiglioni arrampica lungo tutto l’arco alpino e su terreni diversi: dolomia, calcare, granito, ghiaccio. Pratica anche lo sci. Per lui l’alpinismo è un mezzo per conoscere meglio la natura, per vederne pienamente la bellezza: “Fra l’arte e la natura sta l’alpinismo, che è un’attività spirituale, creativa come l’arte, ma è anche contemplazione, dedizione e comunione con la natura” ??(Ettore Castiglioni – I?l giorno delle Mé??sules, Cuneo, L?’Arciere, 1993, pp. ?50)?.
La ricerca di bellezza in lui è una costante, anche in parete, dove cerca la linea di salita più bella, logica, naturale. Per questo motivo considera il 6°? una forzatura, uno sfoggio di atletismo. Successivamente arriverà alla conclusione che anche questo grado, massimo per l’epoca, può restituire piacere.

Complessivamente Castiglioni realizza poco meno di duecento prime ascensioni; impossibile qui riportarle tutte, ma alcune è giusto elencarle, rimandando per altre a un ottimo articolo di un alpinista trentino ??Josef ?Espen – ?Le Dolomiti di Castiglioni: a cinquant’anni dalla morte riscopriamo alcune vie di Ettore Castiglioni nelle Dolomiti, IN??: Bollettino SAT, A. 57??, n. 2? (?1994)?, pp. 6-10)?: Prima nuova via, 1? agosto 19?3, parete ovest del Pelmetto, con il fratello Bruno; 27-28 agosto 1931, parete ovest della Cima Busazza, con Celso Gilberti; 26 luglio 1934, spigolo sud-est del Sass Maor, con Bruno Detassis (7??00 m, 6°)??; 7? settembre 1934, parete nord-est del Pizzocco, con Bruno Detassis e Antonio Z?oia (7??00 m, 5°??, un passaggio di 6°)??; 17? luglio 1935?, parete nord-ovest dello Spiz della Lastia, con Bruno Detassis ?(12?00 m, 5°??, una delle più? belle arrampicate classiche nel gruppo dell’Agner)?; ?2-3 settembre 1936, parete sud della Marmolada di Rocca, con Battista Vinatzer ?(dopo la “sconfitta” con Detassis, Castiglioni seguendo Vinatzer, porta a termine un itinerario eccezionale di 800 m con difficoltà? superiori al 6°)??; ?26-27?? gennaio 1936, tentativo al Fitz Roy? (?Patagonia)?, fino ai piedi dello sperone sud, con Leo Dubosc e Titta Gilberti; 8 febbraio 1936, prima salita del Cerro Nã??to (?Patagonia)?, con ?Leo Dubosc e Titta Gilberti; 27-28 luglio 1937, parete nord-ovest del Pizzo Badile, con Vitale Bramani; 24 settembre 1938, parete est del Biegenk?opf ?Nord (?Alpi Carniche?), con Oscar Soravito e Attilio ?Zancristoforo (?300 m, 5°)???; ?21 settembre 1943, la sua ultima via, parete ovest del Monte Berio, con Adriano Pagliani, Emilio Macchietto e Giorgio Per?ronel ?(su questa salita: Adriano Pagliani – L?’ultima prima di E?ttore Castiglioni, IN??: L?a rivista del CAI?, A. 108, n. 6 ?nov.-dic. 198??, pp. 4?-43)?.

L’inaugurazione del cippo in ricordo di Castiglioni.
Da sinistra: Carlo Claus, Sergio Martini, Luca Giupponi, Paolo Vita e Walter Manzi (foto R. Decarli)

Dunque Castiglioni è un alpinista completo, autore di salite rimaste nella storia dell’alpinismo, ma anche un uomo che vive la montagna a tutto tondo e riesce a trasmettere le sue conoscenze e la grande passione, attraverso scritti esemplari, come le ?Guide dei ?Monti d’I?talia ?(Pale di S. ?Martino, Gruppo dei Feruc, Alpi Feltrine, 1935; Odle, Sella, Marmolada, 1937; e quelle uscite postume: Dolomiti di Brenta, 1949; Alpi Carniche, 1954, con gli aggiornamenti di Silvio Saglio e altri?).
Durante la stesura diquesti libri si avvale della competenza del fratello Bruno per le pagine introduttive. Bruno, volontario nella Prima guerra mondiale, è un geologo di grande valore e un buon alpinista; perder?à la vita, a guerra finita, falciato da una raffica nazista.

Ettore è autore anche di guide scialpinistiche (G??uida sciistica delle Dolomiti, Torino, Montes, 1942; Guida sciistica di Madonna di Campiglio, Bondone, Paganella, Gruppo di Brenta, Presanella, Torino, M?ontes, 1946)?, di un importante studio pubblicato a cura del Comitato scientifico del CAI? (?Alpinismo italiano nel mondo, M?ilano, CAI?-TCI?, 19?53)? e di articoli pubblicati sui periodici del CAI e altrove. Scritti che, oltre ad una meticolosa descrizione di itinerari e territori, rappresentano anche alcune delle migliori pagine della letteratura alpinistica italiana.

C’è, ad esempio, un articolo, pubblicato sulla Rivista del CAI? nel 1934 (N??uove ascensioni nelle Dolomiti di Brenta, nr. 8, 1934)?, dove emerge tutta la sua competenza e lucidità di giudizio. Qui egli afferma di apprezzare il Brenta in quanto ha mantenuto un aspetto selvaggio, perché per arrivare al Rifugio Pedrotti ??(Mecca degli alpinisti)? occorre camminare quattro ore. Un lungo percorso che infastidisce gli alpinisti abituati ad arrivare alla base delle pareti comodamente, ma è proprio in questo isolamento che sta il fascino del Brenta, un gruppo che nasconde le sue bellezze e le mostra solo a chi è disposto a sudare sui sentieri. Insomma, un pensiero moderno, valido ancora oggi.

Rileggere Castiglioni costituisce sempre una scoperta e una sorpresa per chi non lo conosce. Q?uesta ri?fessione mi ha indotto a concludere il breve discorso commemorativo alla Mendola, auspicando la pubblicazione dell’opera omnia di Castiglioni. Un’edizione definitiva e commentata, comprensiva di tutti i diari in forma completa. Da questo progetto, purtroppo, rimarrebbe escluso quasi certamente un testo, quello sulla Marmolada. Infatti Castiglioni stava preparando un libro dedicato alla Regina delle Dolomiti, che giudicava come il suo scritto più importante. Il manoscritto però sparì in una valigia, assieme a molte fotografie del Brenta. ?Questa valigia era stata lasciata al Berio, ma dopo il primo arresto di Castiglioni da parte degli svizzeri nell’ottobre del 1943?, gli amici portarono la valigia al Breuil e quando N?ino tornò? libero la valigia non si trovò più.

I libri di Castiglioni conservati presso la Biblioteca della Montagna-SAT
(foto R. Decarli)

Alla fine di maggio del 1943 Castiglioni viene richiamato, tenente istruttore degli Alpini alla SMALP di Aosta; guida poi due corsi di alpinismo per i militari a Passo Tre Croci e due mesi dopo alla Scuola Militare di Ollomont, in Valle d’Aosta. Da alcuni anni va maturando in lui un diverso atteggiamento nei confronti del regime. La scomparsa di Graffer segna un momento fondamentale, forse la prima esplicita presa di distanza dal fascismo. Un atteggiamento anticipato da alcuni episodi ?ad esempio il commento al conferimento della medaglia al merito alpinistico nel 1934?, che per? paiono indicativi più? di un rifiuto estetico. Q?ui invece si nota un cambio di passo ?dalla critica estetica a quella politica?, che si manifesterà pienamente alla caduta di Mussolini ?lo sfogo iconoclasta nella caserma in ?alle d’Aosta? e che infine lo condurrà? in montagna dopo l’8 settembre.
Bonacossa parla di un antifascismo maturato poco a poco, non per ragioni politiche, ma per idiosincrasia rispetto a qualsiasi forma di costrizione ?(Aldo Bonacossa – ?Ettore Castiglioni ?1908-1944?, IN??: Rivista mensile del CAI?, A. 89, n. 6 ?giu. 1968?, pp. ?91)?.
Torna così alla mente l’epifania sulle Mésules, messa bene in rilievo da Marco Ferrari. Quel giorno Castiglioni si sente parte della natura, immerso con i suoi sci in un mondo di neve e bellezza. Gli appare chiaro che, per quanto l’uomo possa dominare, si tratta sempre di nulla al confronto con l’infinito.

Castiglioni si avvale delle sue grandi doti di alpinista e conoscitore del territorio per mettere in salvo, portandoli in Svizzera, antifascisti ?(tra i quali ?Luigi E?inaudi)? ed ebrei, motivo per il quale gli verrà conferito il titolo di “Giusto tra le nazioni”. In questo drammatico momento non è il solo alpinista che si trasforma in volontario passeur. Circoscrivendo l’elenco al solo Trentino, vanno ricordati: Gigino Battisti ?figlio di Cesare?, G?iannantonio ?Manci, Odoardo Focherini ?originario di Cusiano, anch’egli proclamato “Giusto tra le nazioni”?, ?Mario Agostini, e le guide alpine Adamello Collini, Tita Piaz, Giulio Martini di Peio, Ugo Perini di Malè ecc.

Dunque Ettore ora si trova su un altro confine, così come era avvenuto in Patagonia e in occasione dell’incidente sulle Mésules. Tra ?Valpelline e ?Vallese il confine è tra il mondo libero e la tragedia della guerra e delle persecuzioni. Dopo numerose azioni viene arrestato dagli svizzeri. Trascorre lunghe settimane di prigionia, poi finalmente ottiene la libertà. Torna a Milano, cerca di riprendere i contatti con la Resistenza e, infine, decide di tornare in montagna, da solo.

Scende a Maloja, dove però l’11 marzo 1944 viene nuovamente arrestato dalle guardie di frontiera svizzere, che gli tolgono gli abiti, gli sci e gli scarponi per impedirne la fuga. ?Questo è l’ultimo confine di Castiglioni, qui il giorno dopo incontra la sua fine, da solo, scalzo, sul Passo del Forno. Scompare silenziosamente un grande uomo, un grande alpinista e il più interessante “intellettuale italiano della Montagna”. Per questo ruolo, da quel 12 marzo del 1944, si stanno ancora cercando gli eredi.