Progetto Laboratorio Alpino: “Le Dolomiti in Biblioteca”

Ormai da diversi anni la SAT ha stipulato una convenzione con la Provincia Autonoma di Trento il cui fine è promuovere e diffondere i valori intrinsechi al riconoscimento delle Dolomiti come Bene UNESCO.
Ecco quindi che vi presentiamo questa breve serie di episodi in cui abbiamo provato a raccontare in modo originale la bellezza delle Dolomiti.
Grazie ai libri e ai documenti conservati nel Fondo Dolomiti UNESCO della Biblioteca della Montagna SAT, abbiamo raccontato alcuni degli eventi che hanno segnato la storia dolomitica.

Storia e origine del rifugio

La montagna, molto prima di essere meta di ambizioni alpinistiche, era la fonte principale per la sussistenza degli uomini che la abitavano. Per questo motivo si iniziarono a costruire piccoli edifici come malghe e baite utilizzate da malgari, cacciatori, carbonari e via dicendo. Si può dire che il rifugio sia una sorta di evoluzione di queste strutture, con la differenza che spesso viene costruito a quote più alte.
Non a caso negli ultimi decenni alcune malghe sono state trasformate in rifugio.
In origine i rifugi della SAT erano tutti a forma di cubo, ed erano progettati perché fosse possibile costruirli con i materiali disponibili sul posto, o trasportati a monte a spalla da massimo due persone o dal mulo.
Poi, lungo gli anni, questi cubi vennero trasformati e ampliati. Uno dei pochi che mantiene ancora oggi questa forma è il rifugio Taramelli, nella Valle dei Monzoni.

Modello rifugio

Rifugio Taramelli

I primi rifugi costruiti in Trentino e i conflitti tra club alpinistici 

Per quanto riguarda il Trentino, la nascita dei primi rifugi avviene in un periodo storico particolare, che incide fortemente sulla loro stessa costruzione.
Fino alla fine della Grande Guerra, il Trentino faceva parte dell’impero austro-ungarico. Quindi, oltre alla SAT, era naturale che anche le sezioni del club alpino austro-tedesco costruissero rifugi nella nostra regione.
E infatti furono proprio i tedeschi a costruire il primo rifugio trentino nel 1878: la Mandron Hutte, trasformato dalla SAT negli anni novanta nel Centro Studi Payer, dedicato allo studio dei ghiacciai. Oggi, di fronte a questa struttura, si possono ancora vedere i ruderi di un altro rifugio, la Leipziger Hutte, inaugurata sempre dal club tedesco alla fine dell’Ottocento.
La SAT invece inaugura il suo primo rifugio nel 1881, il Tosa, quello che oggi è il bivacco invernale.

Rifugio Mandron e Leipziger Hütte

Mandron Hutte

Il rifugio come simbolo di controllo e identità nazionale

Come dicevo prima, la costruzione di questi rifugi è in parte conseguenza della situazione politica del tempo. E la situazione stessa della SAT era particolare. Infatti, la maggior parte dei soci erano irredentisti, favorevoli all’annessione del Trentino al Regno d’Italia. Quindi, finché l’Italia non dichiarò guerra all’Austria-Ungheria nel 1915, i satini non erano visti di buon occhio dall’impero, e nemmeno dal Regno d’Italia, alleato con i tedeschi.
Così per la SAT i rifugi, assieme alla conquista delle cime, diventano un simbolo di controllo del territorio, di ricerca di un’identità nazionale. Inizia quindi una vera e propria gara tra la SAT e il club austro-tedesco per la costruzione nei luoghi più strategici.
Questo è il caso dell’attuale rifugio Pedrotti, che venne costruito nel 1910 dai tedeschi ma che dopo proteste e una denuncia da parte della SAT, venne affidato al sodalizio trentino dalla Corte Suprema di Vienna nel 1914.
Questo non è l’unico caso in cui troviamo due rifugi molto vicini tra loro.
Poco distante, in linea d’aria, ci sono i rifugi Tuckett e Sella, forse l’esempio più evidente di questa gara per il controllo del territorio.
Il primo a essere inaugurato fu quello della SAT nel 1906, dedicato a Quintino Sella, fondatore del CAI e ministro delle finanze del Regno d’Italia. E proprio nello stesso anno il club tedesco stava finendo di costruire il suo li accanto, la Tuckett Pass-Hutte.
Finita la Prima Guerra Mondiale, i tedeschi assieme alla guerra perdono anche i rifugi presenti sul territorio trentino, molti dei quali vengono incamerati dal demanio militare.

Rifugio Pedrotti e Bocca di Brenta

Rifugio Tuckett e Sella da album Calderari

“I rifugi alpini delle nuove provincie” 

Nel 1924 il CAI pubblica un libretto intitolato “I rifugi alpini delle nuove provincie”, redatto dall’ufficiale Giovanni Battista Calegari. Si tratta di un resoconto dettagliato dello stato dei rifugi dopo la guerra. Per ognuno viene riportata la collocazione, quante persone può ospitare, la proprietà presente e passata, come arrivarci e le possibili escursioni.
Il demanio ovviamente non è in grado di gestire tutti i rifugi incamerati, così ne affida diversi alla SAT. Però anche il sodalizio non riesce a mantenerli tutti e quindi li dona o affida ad altri, tenendone “per sé” solamente 7: Tuckett, Antermoia, Vioz, Vajolet, Boè, Ciampediè e Roda di Vael.
Un esempio particolare è il rifugio Vioz, sotto la cima omonima. In verità, il primissimo rifugio che costruisce la SAT qui, nel 1908, si trovava dove adesso arriva la funivia Peio 3000.
A seguito di un incendio durante la guerra, questa struttura non venne più ricostruita e oggi se ne possono vedere solo i resti.
Sempre prima della guerra, il club tedesco ne costruisce un altro sotto la cima, la Vioz Hutte.
Dopo la sconfitta viene affidata alla SAT che dedica anche questo alla città di Mantova, in ricordo dei Martiri di Belfiore, uccisi in pieno Risorgimento dagli austriaci.
Il Vioz lungo gli anni venne ristrutturato più volte, fino ad arrivare alla moderna struttura che vediamo tutt’ora. Ampliamenti e ristrutturazioni vennero fatti anche negli altri sei rifugi.

Libro rifugio alpini

Rifugio Vioz

La gestione di alcuni rifugi trentini alla SAT 

La gestione di questi rifugi era temporanea fino al 1947, quando il presidente del consiglio Alcide Degasperi, nato in Trentino e socio SAT, comunica la cessione definitiva dei rifugi al sodalizio trentino.
Questo però vale solo per quelli che si trovano nella provincia di Trento, mentre in Alto Adige una volta scaduta la gestione CAI negli anni novanta, i rifugi tornano in mano alla provincia di Bolzano.
In origine, i rifugi erano costruiti con lo scopo di incrementare i frequentatori della montagna fornendo loro un punto d’appoggio in quota.
Prima di queste strutture gli alpinisti dormivano in ripari di fortuna sotto le rocce o nelle baite dei pastori.
Rispetto al passato, quando il rifugio era visto come una breve sosta durante traversate o ascensioni alpinistiche, oggi questo luogo sta diventando sempre più una meta, piuttosto che un punto di partenza.
Con questo episodio speriamo di essere riusciti a regalarvi uno sguardo nuovo alla montagna e alla sua lunga storia, di cui fanno parte anche i rifugi.

Come si dormiva in montagna prima dei rifugi

Come si dormiva in montagna prima dei rifugi

Guarda il video dell’episodio

Le Dolomiti in Biblioteca

Il progetto è parte integrante della convenzione stipulata tra la Provincia Autonoma di Trento e la Società degli Alpinisti Tridentini (SAT). Quest’ultima, firmando la convenzione, già da diversi anni, si impegna in maniera continuativa nel promuovere e diffondere i valori intrinsechi al riconoscimento delle Dolomiti come Bene UNESCO.
Negli anni precedenti, presso la Biblioteca della Montagna – SAT, all’interno della “Casa della SAT”, era stato istituito il “Laboratorio Alpino e delle Dolomiti – Bene UNESCO”: un luogo liberamente e facilmente accessibile in cui si tenevano attività finalizzate a stimolare la partecipazione attiva e la presa di coscienza del valore delle Dolomiti – Bene UNESCO.
La finalità – nonché fondamenta della convenzione – è la diffusione e valorizzazione delle Dolomiti – Bene UNESCO.
Quest’anno però, a causa dell’emergenza sanitaria, essendo difficile, se non impossibile, realizzare eventi che coinvolgano direttamente il pubblico, si è optato per l’utilizzo dei canali social nella loro funzione di strumento divulgativo.
Il risultato sono una serie di brevi video che, attraverso il racconto di varie tematiche, prendendo spunto dai documenti conservati nel Fondo Dolomiti UNESCO della Biblioteca della Montagna-SAT, vogliono contribuire alla conoscenza e diffusione della valorizzazione, conservazione e promozione delle Dolomiti – Bene UNESCO.
Sono sei episodi a sé stanti, legati tra loro dallo stesso complesso Dolomitico, di cui si racconterà la storia attraverso vari punti di vista, partendo dalle origini, le prime ascensioni, passando per l’alpinismo femminile fino ad arrivare a oggi.
Delle Dolomiti, se ne è parlato tantissimo e se ne conosce ogni angolazione. Per questo motivo l’obiettivo, e desiderio, di questi episodi vuole essere quello di provare a raccontare questo stupendo complesso in un modo diverso, originale.
Non direttamente tra le montagne stesse, ma tra i libri e i documenti, beni inestimabili in quanto testimoni che conservano la storia dolomitica.

 


Le Dolomiti in Biblioteca

Testi e voce narrante: Silvia Miori
Fotografie e video: Riccardo Avola
Coordinamento: Riccardo Decarli, Biblioteca della Montagna 

Bibliografia

  • GUIDA AI RIFUGI DEL TRENTINO, di Marco Benedetti e Riccardo Decarli, 2013;
  • I RIFUGI ALPINI DELLE NUOVE PROVINCE, a cura di G. B. Calegari, 1924;
  • Fotografie provenienti dall’Archivio Storico SAT, mentre le più recenti sono proprietà di Riccardo Decarli.