Nella rubrica La biblioteca che non ti aspetti. Storia Alpinistica Trentina vi raccontiamo oggetti e pubblicazioni in rapporto ai personaggi che hanno fatto la storia dell’alpinismo trentino.

L’obiettivo è dare valore all’importanza storica della Biblioteca della Montagna – SAT.

L’evoluzione delle scarpette da arrampicata

In questa prima puntata di vi parleremo della scarpetta d’arrampicata. È anche grazie alla sua evoluzione tecnologica che l’arrampicata ha raggiunto alti livelli di difficoltà.

L’alpenstock e il bastone da passeggio

L’Alpenstock per certi versi può essere definito come l’antenato della piccozza. Veniva utilizzato come sostegno sia sui sentieri che sui ghiacciai, e a sua volta deriva dal tradizionale bastone da passeggio.

La lunghezza serve per sorreggersi e scaricare il peso, ma anche per capire su un ghiacciaio se i ponti di neve reggono e se c’è presenza di crepacci. Fino al 1920 circa tutti i bastoni erano realizzati artigianalmente.

Partendo dal basso, è costituito da un puntale di ferro utile a rallentare le cadute ed è chiuso in cima, talvolta, da un corno di camoscio per abbellimento.

L’Alpenstock, come i comuni bastoni da passeggio, era lo strumento più utilizzato in ogni tipo di ambiente montano. Uno dei personaggi più celebri ad utilizzarlo fu Julius Payer, alpinista ed esploratore di metà Ottocento, i cui scritti furono d’ispirazione per la fondazione della SAT stessa.

 

Le prime piccozze

Nel momento in cui l’alpinismo acquistò importanza, si iniziò a tentare ascensioni su cime o versanti sempre più ripidi. L’aumento della difficoltà comporta la necessità di materiale adeguato. 

Per questo motivo l’Alpenstock venne ridotto in lunghezza realizzando un puntale più accentuato per una maggiore presa sul terreno, mentre il corno venne sostituito da una punta e una spatola che ricordano la zappa o il piccone.

Questa somiglianza non è casuale perché è sempre stata una costante dell’alpinismo copiare gli oggetti già esistenti e di uso comune, riadattandoli alle necessità della scalata come abbiamo già avuto modo di vedere con la corda.

 

Le piccozze di ultima generazione

Come tutti i materiali, anche questo deve stare al passo con i tempi e con l’evoluzione dell’arrampicata. Le prime piccozze erano realizzate ancora con il manico in legno tranne il puntale e la parte sommitale in metallo.

La continua ricerca per migliorare i materiali, e la crescita delle difficoltà, ha portato alla realizzazione di piccozze di ultima generazione, leggerissime e diversificate in base all’uso: dry tooling, arrampicata su ghiaccio (in cui la spatola è stata sostituita da un martello per piantare i chiodi da ghiaccio), alpinismo o sci alpinismo. 

Tutte sono caratterizzate però dalla forma ergonomica che le fa sembrare un’estensione del braccio, la differenza sta nella forma: le piccozze utilizzate per la scalata su ghiaccio verticale, ovvero le cascate, hanno un manico curvilineo e la punta che guarda verso il basso per facilitare l’aggancio nel ghiaccio. Le piccozze tradizionali invece, usate su pendenze medie come quelle dei ghiacciai, hanno un manico verticale perché principalmente servono da sostegno.

Nella prossima puntata vi racconteremo lo sviluppo di un altro materiale che ha scritto la storia dell’alpinismo.

Alla prossima!

La Biblioteca che non ti aspetti. Storia Alpinistica Trentina
Testi: Silvia Miori
Fotografie e video: Riccardo Avola
Coordinamento: Riccardo Decarli, Biblioteca della Montagna e Silvia Pezzetti, Ufficio Comunicazione SAT