I Rifugi sono dei veri e propri paesi, delle realtà a sé stanti che ci invitano a scoprire mondi nuovi fatti di vita lenta, amicizie nuove ed esperienze che richiedono di sapersi adattare. 

I Rifugi sono posti speciali ma, nella loro unicità, uniche sono anche le problematiche che si devono affrontare ogni giorno.

Tutto ciò che a valle risulta semplice, va organizzato alla perfezione in quota per garantire l’apertura e l’ospitalità. Parliamo dell’approvvigionamento delle derrate alimentari, dei materiali, spesso consegnati solo tramite l’utilizzo dell’elicottero. Una delle problematiche più importanti, e sempre più incalzanti, è il reperimento e la gestione dell’acqua e l’approvvigionamento energetico. I campi di intervento sono diversi e specifici in base ai bisogno di ogni rifugio. 

L’obiettivo di questa rubrica vuole essere proprio questo.

Raccontare la vita in rifugio nell’intreccio che la compone: storia, lavori e relazioni umane. 

Rifugio Rosetta – “Giovanni Pedrotti”

Al centro dell’Altopiano delle Pale di S. Martino, poco ad est del Passo omonimo il rifugio Pedrotti è uno dei più vecchi rifugi della SAT. Fu costruito nel 1889 su progetto dell’ing. Annibale. Già sette anni più tardi fu ampliato e migliorato. Le guide alpine delle Pale, Bettega, Zagonel, Tavernaro e Zecchini, erano tenute in grande considerazione e sulle Pale di S. Martino si puntarono presto gli interessi dell’ambiente alpinistico.

Per questi motivi, ma soprattutto per l’interesse e la maggior frequentazione che si registrava nel Gruppo, la SAT decise di costruire una struttura al Passo della Rosetta. La guerra danneggiò il rifugio e un incendio ne lasciò in piedi solo alcuni muri. Finita la guerra la SAT si rimise al lavoro per ripristinare il patrimonio dei suoi rifugi. Il rifugio Pedrotti fu così ripristinato con solo 12 posti e successivamente ampliato nel 1931 ma incendiato poi dalle truppe tedesche per rappresaglia.

Nel 1952 fu ricostruito e intitolato alla figura di Giovanni Pedrotti, presidente della SAT dal 1925 al 1928 irredentista e studioso di botanica. Nel 1957 venne realizzata una funivia che da Col Verde raggiunge il Passo della Rosetta: quasi nel cuore del Gruppo delle Pale di S. Martino; il punto di partenza per le più classiche escursioni e traversate del gruppo: al Cimone, alla Fradusta, ai rifugi Canali e Pradidali. Nel periodo invernale è possibile compiere uno dei più interessanti percorsi scialpinistici delle Pale di S. Martino: la traversata dalla Fradusta e la successiva discesa della Val Canali.


I LAVORI: il racconto di Renzo Franceschini, Vice Presidente Commissione rifugi SAT

Come tutti gli altri rifugi della SAT, anche il Rosetta è stato oggetto nel tempo di miglioramenti e modifiche agli impianti perché – come tutte le strutture – anche i rifugi hanno bisogno di manutenzione costante. Anzi, l’alta quota e le condizioni climatiche accelerano l’usura di queste strutture più velocemente che a valle. Prendendo in esame gli ultimi 15-20 anni, il rifugio è stato ripreso integralmente ampliando il volume nella grandezza attuale, compreso di un nuovo volume d’ingresso e di un nuovo volume di servizio cucina. In quella circostanza si è aumentata notevolmente la sua capacità ricettiva e la razionalizzazione della stessa.

Successivamente, per i lavori di smaltimento dei reflui, è stata posata la fognatura che porta a valle gli scarichi. In quell’occasione è stato posato anche il collegamento elettrico che sale da valle. Il collegamento ha permesso al rifugio autonomia dal gruppo elettrogeno, usato solo in caso di emergenza. Purtroppo, questa autonomia è durata fino al 2014 quando, a seguito di una serie di fulminazioni e frane lungo il percorso di discesa a valle della fognatura e del cavo, si sono verificati guasti importanti e soprattutto ripetitivi. Sono state trovate decine di punti su cui i fulmini avevano scaricato.

Da quel momento è nata la necessità impellente di far continuare la gestione del rifugio e l’unica soluzione era tornare all’utilizzo del gruppo elettrogeno. Questo ha causato non poco impegno e scompenso, visto che dal 2010 l’impianto era stato ristrutturato e pensato in funzione dell’utilizzo come prima fonte l’elettricità. La stessa cucina ha visto il reinserimento del gas per gli utilizzi quotidiani.

In una fase successiva dei lavori si è cercato di aumentare il comfort del rifugio attraverso la messa in opera del cappotto termico, nell’anno 2010-11. In quel momento sono state fatte anche migliorie che hanno portato alla posa di un grande serbatoio sotto alla grande terrazza ovest, per raccogliere l’acqua.

Nel gruppo delle Pale, e più generalmente nel contesto di gruppi montuosi caratterizzati da carsismo, il problema dell’acqua è importante e urgente, e in rifugio è appena sufficiente per usi di routine come cucina e igiene.

Per altri tipi di utilizzo viene usata l’acqua piovana o di scioglimento, incanalata in cinque serbatoi flessibili.

Guardando al futuro, un intervento in fase progettuale prevede di dotare il rifugio di un campo fotovoltaico posizionato sul tetto e in facciata, tramite l’installazione di batterie al grafene di nuova generazione, in modo da poter utilizzare il gruppo elettrogeno solo per poche ore. Questo intervento dovrebbe in parte sopperire alla mancanza del collegamento elettrico via cavo, cercando di restituire al rifugio la praticità sperimentata negli anni passati. 


LA PAROLA AI RIFUGISTI

Essere consapevoli è sicuramente il primo passo da fare quando ci incamminiamo verso un rifugio. Ma una volta giunti a destinazione, cosa possiamo fare per vivere al meglio la nostra esperienza in questo mondo a sé stante? Lasciamo che siano i rifugisti a raccontarlo! 

Con mia moglie Roberta gestiamo dal 1994 il Rifugio Rosetta e questa è la 38esima stagione estiva, ma siamo aperti anche a Natale e tutti i fine settimana fino a Pasqua. La nostra esperienza da rifugisti inizia da giovanissimi: prima di arrivare qui, abbiamo gestito qualche anno il Rifugio Velo della Madonna; Roberta ha compiuto 21 anni il giorno che abbiamo cominciato, mentre io ne avevo 23. 

In rifugio sono cambiate tante cose: prima l’ospite era più alpinista e informato, adesso l’andare in montagna è di tutti, ed è per questo che ci avvengono più incidenti perchè tanti non conoscono com’è fatta la montagna e non chiedono informazioni. Ad esempio, per qualcuno è assurdo pensare che la mattina se c’è il sole il pomeriggio potrebbe nevicare. Qui dov’è situato il rifugio è un posto dove bisogna fare tanti soccorsi, non particolari, tanti sono rivolti a persone che non sanno come andare avanti perchè non ha le competenze su come muoversi. 

Anche il Rifugio Rosetta è diventato uno dei diversi esempi di come il presidio di montagna sia diventato non più punto di partenza ma di arrivo. Soprattutto qui, tanta gente sale con la funivia per il solo pranzo, completamente inesperta; ma c’è da dire che qui arriva chiunque, dal più competente al totalmente inadeguato. Nel pomeriggio però, concluso il pranzo, spariscono tutti. Ecco allora che arrivano gli alpinisti, la gente che pernotta e che cammina tutto il giorno seguente. 

Guardando ai prossimi anni, quello che ci auguriamo è che le persone riflettano di più sul significato che ha la montagna, che non significa solamente andare al rifugio per mangiare e tornare giù. Possiamo provare a trasmetterlo tutti assieme, ma la persona deve essere predisposta ad accettarlo e comprenderlo. Si deve partire dalle basi: bisogna entrare nelle scuole e spiegare cos’è rifugio, cos’è la montagna, la quota e poi partire e vederla dal vivo. 

Per quanto riguarda la reperibilità d’acqua, è un problema generale delle Alpi. Basta guardare il nostro ormai dilaniato Ghiacciaio della Fradusta che 20 anni fa si poteva attraversare a piedi, adesso ridotto a un piccolo nucleo. Inoltre, di acqua in alta quota ce n’è poca perchè ci sono scarse precipitazioni nevose d’inverno. Noi qui abbiamo seri problemi ma riusciamo a gestirli con vasche e cisterne d’accumulo, ma non so per quanto… in base a come la situazione si evolverà. L’unica soluzione attuale è creare depositi e saperla gestire, soprattutto per quanto riguarda i bagni, dove va sprecata. 

Gestire e lavorare in un rifugio non è un’esperienza.. è una vita, è il nostro lavoro: impegnativo, continuo ma è un lavoro che ci piace, in un ambiente così e un lavoro così deve piacerti sennò non resisti molto. 

Per quanto riguarda i nostri ospiti, conosciamo un pò di tutto. La comprensione di alcune limitazioni dipende sempre da quanto una persona è cosciente di dove si trova, ma se uno non ha una cultura di base della montagna tende a escludere altre possibilità, e quindi non capisce, pensando che privarli di alcune cose sia un torto. Chi capisce invece ti ascolta e comprende in maniera attenta. 

Avere tanti tipi di clientela è complesso, soprattutto con la clientela che viene per pranzo che ha determinate aspettative ed esigenze. Purtroppo talvolta, non comprendere certe dinamiche fa sì che si crei una visione negativa del rifugio che non gli permette di vedere cosa ci sta dietro.

Aver trascorso quasi tutta la nostra vita in rifugio vuol dire aver seguito una passione per la montagna, non vuol dire altro. Vuol dire saper vivere in un ambiente che ti piace e saperci anche lavorare, che non è poco. Ci aspettiamo poi di poterci godere in futuro anche la montagna con altri occhi, non più da gestori, facendo camminate e quello che ci piace di più ma sempre qui tra i monti. 

Mariano e Roberta, rifugisti del Rosetta