I Rifugi sono dei veri e propri paesi, delle realtà a sé stanti che ci invitano a scoprire mondi nuovi fatti di vita lenta, amicizie nuove ed esperienze che richiedono di sapersi adattare. 

I Rifugi sono posti speciali ma, nella loro unicità, uniche sono anche le problematiche che si devono affrontare ogni giorno.

Tutto ciò che a valle risulta semplice, va organizzato alla perfezione in quota per garantire l’apertura e l’ospitalità. Parliamo dell’approvvigionamento delle derrate alimentari, dei materiali, spesso consegnati solo tramite l’utilizzo dell’elicottero. Una delle problematiche più importanti, e sempre più incalzanti, è il reperimento e la gestione dell’acqua e l’approvvigionamento energetico. I campi di intervento sono diversi e specifici in base ai bisogno di ogni rifugio. 

L’obiettivo di questa rubrica vuole essere proprio questo.

Raccontare la vita in rifugio nell’intreccio che la compone: storia, lavori e relazioni umane. 

Rifugio Bocca di Trat – “Nino Pernici”

Il rifugio Pernici venne inaugurato nel 1929 a qualche centinaio di metri dalla Bocca di Trat, sui ruderi di alcune baracche risalenti alla prima guerra mondiale, dai soci della Sezione SAT di Riva del Garda. Fu intitolato a Nino Pernici, rivano, legionario trentino, caduto nel 1916 alla testa del suo reparto alpino sul fronte dell’Isonzo. Il nuovo edificio ristrutturato, cui si è aggiunto il bivacco invernale, è stato inaugurato il 17 giugno 1990.

Il rifugio, che si raggiunge facilmente dalla Val Concei, grazie alla strada che arriva fino a malga Trat, è il punto di partenza per le escursioni nelle Alpi di Ledro, le cime che fanno da corona alla Val Concei al centro di questo gruppo montuoso; dal Corno di Pichea 2138 m. alla Gavardina 2047 m. fino al Cadria 2245 m., la cima più alta del gruppo. Anche verso meridione i percorsi si snodano sulle creste delle cime affacciate sulla valle di Ledro per interrompersi all’improvviso davanti alle pareti che precipitano verso il blu intenso delle acque del Lago di Garda.


I LAVORI: il racconto di Renzo Franceschini, Vice Presidente Commissione rifugi SAT

Il Rifugio Pernici ad un primo impatto può risultare facilmente avvicinabile, e perciò si pensa di poterlo classificare tra i rifugi di bassa quota facilmente gestibili. Ma non è così. Gestire un rifugio in un posto come questo, dove non ci sono fonti energetiche, acqua corrente e gestione dei rifiuti semplificata, significa avere le stesse problematiche di gestione di rifugi a quote più alte.

Certamente, rispetto ad altre situazioni, questi problemi sono in parte “attenuati” dal fatto che è possibile avvicinarsi con mezzi motorizzati. Questo spiega chiaramente come mai il rifugio è molto frequentato, il cui avvicinamento breve e semplice è adatto anche per i bambini. Numerosa è anche la presenza delle biciclette, specie le elettriche, i cui proprietari talvolta chiedono ai gestori di poterne ricaricare le batterie. Non sempre quindi è facile per l’ospite capire che una tale richiesta incide in maniera non indifferente sulla capacità energetica giornaliera di un rifugio; richiesta che tra l’altro non può essere esaudita vista la decisione ufficiale del CAI di non permettere tale ricarica. 

All’inizio del 2023, quasi in concomitanza con il cambio di gestione, sono stati messi in atto alcuni interventi. Primo su tutti la razionalizzazione e lo stoccaggio dell’acqua, problematica sempre più incalzante. Un centinaio di metri sotto il rifugio si trova il punto di raccolta la cui acqua deriva da una sorgente; da tale punto l’acqua viene pompata verso l’alto nei serbatoi. Il punto di raccolta presentava notevoli perdite e quindi andava sistemato. Si è colta l’occasione per il rifacimento del punto di raccolta e a una nuova vasca interrata di raccolta, con un nuovo sistema di pompaggio. L’acqua viene pompata essenzialmente durante il funzionamento del gruppo elettrogeno dato che il fotovoltaico non ha potenza sufficiente.

Un secondo intervento ha interessato il gruppo di produzione di energia elettrica sfruttando il sole, integrando il fotovoltaico presente sul tetto, permettendo un utilizzo minore del gruppo elettrogeno. 


LA PAROLA AI RIFUGISTI

Essere consapevoli è sicuramente il primo passo da fare quando ci incamminiamo verso un rifugio. Ma una volta giunti a destinazione, cosa possiamo fare per vivere al meglio la nostra esperienza in questo mondo a sé stante? Lasciamo che siano i rifugisti a raccontarlo! 

Dopo aver fatto diverse stagioni, soprattutto invernali, al Rifugio Prospero Marchetti allo Stivo, l’esperienza al Rifugio Pernici è per me la prima da gestrice. Le stagioni allo Stivo mi hanno aiutata a scegliere di provare il bando per la gestione. Sicuramente le cose sono cambiate molto: anche se comunque molto impegnativo, facendo stagione le cose risultano per così dire, più leggere. Si riesce a lavorare con maggiore spensieratezza perché la responsabilità è minore. Ora che gestisco il Rifugio Pernici le responsabilità sono molte e riesco a cogliere aspetti a cui, da dipendente, forse non dai così attenzione. Credo però che una struttura di questo tipo non possa essere portata avanti da sola. Che tu sia gestore o dipendente, che la struttura sia tua o meno, tutti sentono di dover portare avanti l’organizzazione facendo squadra. Questo distingue e da valore all’accoglienza in rifugio, e ritengo che le persone che arrivano da noi siano più contente se vedono un gruppo di lavoro unito!

Il ruolo di gestrice mi piace perchè mi da anche la possibilità di mettere il mio tocco nelle piccole cose, portando avanti le mie idee e prendendo decisioni. Oltre ad essere supportata da uno staff con cui mi trovo molto bene, fondamentale è l’appoggio della mia famiglia. Anche se inizialmente c’era qualche dubbio sul candidarmi o meno, adesso sono tutti sempre pronti ad aiutarmi quando serve; e l’aiuto da casa è fondamentale. Questa mia prima stagione sta andando bene nonostante il brutto tempo. Non è però un fattore negativo, in quanto mi ha permesso di partire con calma, riuscendo a capire e scoprire tutte le cose che ci sono da fare. Sono soddisfatta dei nostri ospiti e spero che le persone vengano sempre più a trovarci. Mi auguro di riuscire a mantenere, se non aumentare, il livello di qualità del rifugio per chi ospitiamo e che siano felici una volta che tornano a valle. 

Credo che in tutti i rifugi, indipendentemente dal luogo e quota in cui si trovano, bisognerebbe arrivare senza troppe pretese. Anche se vicini a centri abitati, non siamo in città e anche se sembra, non è facile gestire gli approvvigionamenti e soprattutto l’acqua, che spesso manca. 

Bisognerebbe arrivare in rifugio sapendosi accontentare, ma credo che molti di coloro che frequentano la montagna lo capiscono e anche questo è il bello di lavorare in rifugio. E se c’è bisogno di spiegare le problematiche, con parole semplici le persone capiscono e apprezzano! Per questo è molto bello lavorare qui. 

Valentina Santoni, rifugista del Pernici