I Rifugi sono dei veri e propri paesi, delle realtà a sé stanti che ci invitano a scoprire mondi nuovi fatti di vita lenta, amicizie nuove ed esperienze che richiedono di sapersi adattare. 

I Rifugi sono posti speciali ma, nella loro unicità, uniche sono anche le problematiche che si devono affrontare ogni giorno.

Tutto ciò che a valle risulta semplice, va organizzato alla perfezione in quota per garantire l’apertura e l’ospitalità. Parliamo dell’approvvigionamento delle derrate alimentari, dei materiali, spesso consegnati solo tramite l’utilizzo dell’elicottero. Una delle problematiche più importanti, e sempre più incalzanti, è il reperimento e la gestione dell’acqua e l’approvvigionamento energetico. I campi di intervento sono diversi e specifici in base ai bisogno di ogni rifugio. 

L’obiettivo di questa rubrica vuole essere proprio questo.

Raccontare la vita in rifugio nell’intreccio che la compone: storia, lavori e relazioni umane. 

Rifugio XII Apostoli “F. lli Garbari” 

Costruito negli anni 1907-08 grazie al finanziamento dei fratelli Carlo e Giuseppe Garbari, alpinisti, fotografi e patrioti trentini, il rifugio Garbari rappresenta un punto di riferimento per la storia della SAT. La forma a cubo è quella originale, successivamente viene modificata dall’ampliamento del 1956. Una successiva ristrutturazione, attuata nel 1999, lo ha risistemato e reso più agevole. Il luogo dove è stato costruito, a 2489 metri, ha una vista panoramica dei Gruppi dell’Adamello e della Presanella, mentre in basso si scorge la Val Rendena. Il rifugio prende il nome dalle 12 piccole formazioni rocciose situate sul vicino passo. Nel 1952 è stata scavata nella roccia una chiesetta poco distante dal rifugio; ogni anno nell’ultima domenica di luglio vi si celebra una Messa dedicata a tutti i caduti della montagna. 


I LAVORI

Come altri rifugi del Gruppo di Brenta, il reperimento dell’acqua diventa di anno in anno sempre più problematico, soprattutto se ci si appoggia – come nel caso del XII Apostoli – a quel che rimane dei ghiacciai. L’acqua di cui ha bisogno il rifugio viene ricavata dalla Vedretta di Pratofiorito, sotto l’omonima cima. Da qui inizia il percorso dell’acqua che, indirizzata in un grande tubo, dapprima viene convogliata nella vasca di decantazione. Qui viene pulita da limo e sporcizia per poi depositarsi nelle vasche. 

Per ogni rifugio va fatta una valutazione specifica e precisa della quantità di acqua necessaria. In questo caso per poter garantire l’apertura sono necessari circa 2.500-3.000 litri al giorno. 

Durante i lavori di ristrutturazione nel 1999 sono state realizzate tre vasche da 8 metri cubi l’una, per un totale di 24.000 litri. La carenza d’acqua può essere compresa, in un modo semplice ma efficace, da chiunque visiti il rifugio. Appena fuori l’entrata si trova una fontanella: in base alla pressione del getto, o alla sua totale chiusura, capiamo immediatamente quanta acqua c’è a disposizione. Infatti Aldo Turri, il rifugista, in base alla disponibilità decide se aprire o meno la fontanella. 

Purtroppo non si può fare affidamento ancora a lungo sulla sola Vedretta di Pratofiorito, la cui scomparsa è prevista in pochi anni. 

Per questo motivo sono iniziati da poco i lavori per la costruzione di tre nuove vasche di accumulo da 20.000 litri ciascuna, a supporto delle esistenti. Questo permetterà il recupero e l’accumulo della neve in fase di scioglimento. 


LA PAROLA AI RIFUGISTI

Essere consapevoli è sicuramente il primo passo da fare quando ci incamminiamo verso un rifugio. Ma una volta giunti a destinazione, cosa possiamo fare per vivere al meglio la nostra esperienza in questo mondo a sé stante? Lasciamo che siano i rifugisti a raccontarlo! 

L’approccio migliore a un rifugio è ricordare che qui non ci sono tutte le comodità e i servizi delle città. L’invito è provare a tornare indietro nel tempo, diventare amici con chi incontri anche solo per una sera durante la cena in rifugio. Essere più umani e saper adattarsi, condividere spazi, riscoprire una realtà lenta dove ricordarsi che beni che riteniamo scontati – come acqua ed elettricità – sono invece preziosi. Specialmente l’acqua… la sua assenza si vede prima in quota, ma esserne coscienti ci può aiutare a riflettere sull’uso che ne facciamo nelle nostre case. L’invito è imparare ad accontentarsi del “meno”, che poi è tutto ciò che serve… 

La vita in rifugio, la vita da rifugista, ti mette spesso alla prova. Ma le soddisfazioni sono tante, specialmente quando gli ospiti comprendono il contesto. Si creano belle amicizie, si fa una cantata assieme per poi salutarsi ritornando ognuno a camminare sulla propria strada. 

Aldo Turri, rifugista del XII Apostoli