Il Soccorso Alpino
di Veronica Saggiorato (Biblioteca della Montagna-SAT – Servizio Civile)

Quest’anno si festeggia, insieme ai 150 anni della SAT, anche il 70° anniversario del Soccorso Alpino Trentino. Questa realtà nasce proprio nella nostra provincia nel 1952 come prima organizzazione di soccorso in montagna a livello nazionale dopo un lungo percorso di crescita che ha il suo inizio agli albori del sodalizio.

Nel 1874 compare, infatti, nell’Annuario satino un articolo di N. Bolognini nel quale non solamente illustra con consigli pratici l’equipaggiamento dell’alpinista, ma descrive anche la necessità di dotarsi di una piccola farmacia tascabile composta da flaconcini di ammoniaca, acetato di piombo, laudano e tintura di arnica che, combinati tra loro in diversi modi (indicati con una certa perizia), forniscono rimedi per diversi mali che possono capitare in montagna. Nella stessa pubblicazione vi è un Regolamento delle Guide alpine nel quale viene anche caldeggiato alle guide il prestare tempestivo soccorso in caso di escursionisti dispersi o infortunati.

Con l’inaugurazione del 1881 del rifugio alla Bocca di Brenta incomincia la dotazione nei rifugi di una cassettina di medicamenti ed una corda alpina di sicurezza, indispensabili per prestare i primi aiuti, mentre cinque anni più tardi viene pubblicato a cura della SAT un Prontuario per le Guide Alpine del Trentino onde soccorrere i forestieri nei casi di infortunio, redatto dal dott. G. Gerloni, nel quale vengono date istruzioni di facile comprensione per intervenire in diversi accidenti possibili in montagna e con consigli pratici per fronteggiare ogni situazione, anche con mezzi improvvisati.

All’Adunanza Generale dei soci del 25 agosto 1901, tenutasi a Pinzolo, il presidente Candelpergher illustra il lungo lavoro svolto dal dott. V. Stenico di formare le guide alpine con lezioni sui primi aiuti da prestare in caso di incidente in montagna. Sono questi dei corsi con dimostrazioni pratiche volti per lo più ad insegnare come fornire soccorsi nel modo più semplice e senza recare danni ulteriori agli infortunati. Proprio per questo alle guide viene fornita una valigetta di medicazioni sterili e medicinali non dannosi (in caso di somministrazione errata) sui quali sono raffigurati i vari modi di impiego. Allo stesso scopo vengono fornite ai rifugi delle cassette farmaceutiche provviste dell’indispensabile sottoforma di compresse in confezioni resistenti all’umidità (per meglio conservare il medicinale in questi luoghi tendenzialmente umidi), delle ferule per bloccare arti fratturati, una lettiga per trasportare i casi più gravi, corde alpine di sicurezza e lampade a carburo, con istruzioni scritte in ben tre lingue e il costo di ogni cosa, che veniva così pagata in caso d’uso.

Con la Prima Guerra Mondiale alcuni rifugi vengono distrutti o saccheggiati e così il materiale medico viene disperso. Col Primo Dopoguerra la situazione precaria creatasi durante il conflitto non migliora e nei rifugi, che gradualmente vengono ripristinati, le cassette di soccorso continuano a venir depredate nei mesi invernali od utilizzate dagli escursionisti senza corrispondere il pagamento previsto, come avveniva precedentemente, o ancora non integrate dei farmaci esauriti a causa della mancata attenzione su questo tema da parte dei custodi.

La Seconda Guerra Mondiale annienta il poco che si è riusciti a recuperare negli anni precedenti. Al suo termine le condizioni dei rifugi e del materiale di soccorso, per lo più di recupero bellico, sono pessimi e insufficienti alle necessità di un crescente afflusso di alpinisti e turisti. Gli incidenti mortali passano in proporzione da 1 a 5, prevalentemente per via di una preparazione non adeguata su percorsi di una certa complessità, sia fisica che mentale, e i soccorsi disponibili non solo sono fermi alle innovazioni prebelliche, ma sono anche numericamente scarsi.

Così, tra il 1948 e il 1949, la SAT affida a S. Stenico, insieme a C. Colò e M. Smadelli, lo studio del problema sanitario nei rifugi con l’obiettivo di realizzare un piano generale di soccorso in montagna, uniformando il metodo di soccorso e rendendolo decentrato e capillare. Viene delineato quindi un progetto che si sviluppa in tre punti, i quali prevedono la prevenzione degli incidenti in montagna, illustrando i pericoli e le tecniche di salvataggio più comuni e diffondendo la cultura alpinistica, i bollettini meteorologici e i dettagli degli itinerari; il soccorso diretto, affidato ai rifugi, ripristinando la fornitura di cassette di soccorso con medicinali in dosi singole e in contenitori impermeabili, una barella smontabile di tipo militare, una corda alpina da 40 m, una lampada ad acetilene, delle torce a vento e, per quei rifugi con frequentazione invernale o presso ghiacciai, 4 pale da neve, 8 sonde da valanga e una barella-slitta o akja; il soccorso indiretto, con un rete di Stazioni di fondovalle attrezzate di materiali e uomini addestrati, assegnate ciascuna ad una precisa zona di assistenza e gestite da una Direzione centrale per un soccorso tempestivo e metodico.

Nel 1952 il piano viene presentato alla SAT e alla Commissione Soccorso Alpino del CAI e grazie all’influenza del presidente D. Boni e ai finanziamenti della Regione il progetto può avere inizio con la costruzione delle prime Stazioni di fondovalle di Pinzolo e di Madonna di Campiglio e al primo addestramento dei volontari sul ghiacciaio della Lobbia. Entro la fine dell’anno si hanno ben 17 Stazioni di soccorso di fondovalle con 175 uomini, che nel 1953 divengono già 17 rifugi alpini e 25 Stazioni di fondovalle con poco meno di 400 uomini.

L’anno successivo Trento ospita la prima Giornata del Soccorso Alpino, alla quale partecipano il Corpo di Soccorso Alpino della SAT (CSA-SAT) e quello delle sezioni CAI dell’Alto Adige e del Südtiroler Alpenverein. Al termine della manifestazione il Presidente del CAI B. Figari chiede al gruppo satino di studiare la possibilità di estendere il sistema di soccorso a tutta la cerchia alpina, realizzato infine con la suddivisione dell’area in zone, che corrispondono più o meno alle province e ai gruppi montuosi, affidate ad un delegato, coadiuvato dalle Sezioni del CAI, con lo scopo di ricercare la collocazione delle Stazioni di fondovalle da realizzare e di reclutare gli uomini.

Nel 1955, al primo Congresso Internazionale di Società di Soccorso Alpino, al quale partecipano associazioni austriache, svizzere e bavaresi, si decide la costituzione di una Commissione Internazionale di Soccorso Alpino a cui prendono parte la Svizzera, l’Austria, la Germania, la Francia, quella che un tempo era la Jugoslavia e l’Italia. Lo stesso anno viene firmato un accordo di reciproca assistenza con il Centro Aereo di Soccorso a Linate e l’anno successivo si svolge la prima esercitazione pratica sulla vedretta della Lobbia.

Rilevante è ricordare l’incidente aereo sul Monte Giner, qualche giorno prima del Natale 1956, che è costato la vita a ben 22 passeggeri. Il CSA in quest’occasione porta a termine un intervento molto impegnativo, considerando le basse temperature del periodo, ed in sole 24 ore recupera tutte le salme con precisione e rapidità. Questo lavoro è valso la messa a disposizione di un elicottero da parte dell’Amministrazione provinciale e la medaglia di bronzo al Corpo di Soccorso Alpino della SAT, primo glorioso intervento di una, ahinoi, lunga serie.

A partire dal 1970 il CSA-SAT propone e ottiene la collaborazione con il personale forestale e con alcuni lavori pubblici per istituire un sistema di monitoraggio giornaliero, specialmente della situazione nivometeorologica regionale.

Nel 1981 all’organico dell’organizzazione di soccorso si aggiunge la Squadra soccorso speleologico e con l’aumento della popolazione turistica e dei relativi incidenti, sempre in numero crescente, una decina di anni più tardi, nel 1992, nasce Trentino emergenza, un servizio provinciale in  collaborazione con l’ormai esperto CSA-SAT, volto ad agire con interventi adeguati e di qualità.

Infine, nel 2001 il CSA si slega dalla SAT per passare alle dipendenze finanziarie dell’Assessorato provinciale che gestisce la Protezione Civile.

FOTO © “Il collegamento tra il fondovalle ed i soccorritori è spesso indispensabile per il buon esito di una spedizione” – Archivio fotografico SAT