Sui sentieri dei 150 anni

Sentiero 11 – Al Rifugio Monzoni “Torquato Taramelli”

Irredentismo e geologia in un sol percorso

Questo frequentatissimo itinerario è il piacevole tracciato di accesso al Rifugio “Torquato Taramelli” e risale la valle nota a livello mondiale per le sue interessanti particolarità geologiche. La prima parte, fino a Malga Monzoni, è in gran parte su strada asfaltata.

Gruppo Montuoso: Marmolada / Monzoni – Valacia

Comuni: San Giovanni di Fassa – Sèn Jan

Difficoltà Generale: E

Sentieri SAT: E603

Itinerario: Salita da Malga Crocefisso al Rifugio Monzoni “Torquato Taramelli”

Dislivello salita / discesa: ↑520 m / ↓0 m

Nome Località N. segnavia Quota (m.s.l.m.) Distanza (metri) Andata (hh:mm) Ritorno (hh:mm) Diff.
Malga Crocefisso 1522 00:30
Pènt de Ciamp [603] 1745 2120 00:40 00:05 E
Baita Monzoni [603] 1802 400 00:10 00:05 E
pr. Malga Monzoni [603] 1844 360 00:10 00:05 E
Malga Monzoni [603] 1861 100 00:05 00:05 E
Pian di Munciogn [603] 1909 280 00:05 00:15 E
pr. Rifugio Monzoni “T. Taramelli” [603] 1988 470 00:20 00:10 E
Rifugio Monzoni “T. Taramelli” [603] 2042 300 00:10 E
Totali 4030 01:40 01:15

Dal piazzale nei pressi di Malga Crocefisso, raggiungibile su strada asfaltata a piedi o con bus navetta da Meida, frazione di Pozza di Fassa, si imbocca sulla destra la stradina asfaltata che sale verso l’imbocco della Val dei Monzoni arrivando, dopo circa 1 km, al parcheggio oltre il quale la circolazione stradale è vietata. Seguendo la ripida strada si raggiunge il Pènt da la Fessura e poco oltre il Pènt de Ciamp dove, sulla sinistra, inizia il tracciato 641 diretto alla sella “L Pief” e al Lauscél (Lagusel), idilliaca conca alpina occupata da un prezioso laghetto. Usciti dal bosco, si transita in prossimità della ex Baita Monzoni per poi risalire i pascoli arrivando a Malga Monzoni. Si continua ancora per un breve tratto su strada sterrata, fino ad un tornante in località Pian di Munciogn, dove si lascia a destra la stradina e il sentiero 624, che risale lungo il Valon di Gardecia al Rifugio Valacia, per continuare diritti su mulattiera, alzandosi verso la testata della valle. Attraversato un rado bosco di pini cembri e superata la deviazione del sentiero 603B per il Valon di Gardecia, si taglia il profondo impluvio alla base della parete del Tariciogn, soggetto a frequenti fenomeni franosi. Dopo alcune svolte, si giunge infine sul piccolo promontorio roccioso dove sorge il Rifugio Monzoni “Torquato Taramelli”.

Alla testata della Valle dei Monzoni, immerso nell’omonimo gruppo montuoso, vero e proprio museo geologico all’aperto, si trova il rifugio Taramelli, inaugurato nel 1904. Un rifugio particolare, unico nel suo genere sia per localizzazione geografica che per struttura architettonica, nonché le vicende che lo videro coinvolto.

Fino alla Grande Guerra i rifugi della SAT rivestirono due funzioni principali: riparo per gli alpinisti e presidio sul territorio, inteso come occupazione a discapito dei club di lingua tedesca (Deutscher und Oesterreichischer Alpenverein – DuOeAV) e affermazione di italianità, in sintonia con lo spirito irredentista del sodalizio.

In Val di Fassa la costruzione di rifugi segnò per la SAT la vittoria contro la difficoltà di penetrazione in questa valle, storicamente più legata al mondo tedesco e ladino che non a quello italiano, specialmente per il fatto di essere soggetta alla Diocesi di Bressanone. Va ricordato che linee di penetrazione in valle non erano le stesse di oggi; un tempo infatti si accedeva da Campodazzo/Atzwang costeggiando la parte settentrionale dell’Alpe di Siusi, dal 1860 si poteva percorrere la Val d’Ega e solo con il 1874 fu possibile iniziare il percorso meridionale, partendo da Ora, risalendo lungo la Valle di Fiemme.

I dirigenti della SAT cercavano di invogliare i soci a frequentare le Dolomiti di Fassa non solo per la loro bellezza, ma anche per far penetrare lassù un po’ di spirito italiano: «[Il presidente della SAT osserva che] specialmente in Val di Fassa vi son monti per tutti i gusti, ed eccita in particolar modo i giovani a fare ascensioni e gite prendendo per meta soprattutto la Valle di Fassa, per controbilanciare l’insidiosa influenza straniera» (“LVII Adunanza generale in Vigo di Fassa il 12 agosto 1900”, IN: Annuario SAT, A. 23, 1903-04, pp. 255). Al contrario della SAT, riscuotevano un discreto successo di adesione le sezioni del DuOeAV, quali la Sektion Bamberg (che eresse la Bamregerhütte, poi rifugio Boè), la Sektion Fassa con l’Antermojasee Hütte, la Sektion Leipzig con il Vajolethütte e la Ciampediehaus nonché la Sektion Welschnofen, con la Ostertag Hütte (poi Roda di Vael).  Nel primo dopoguerra tutti questi rifugi furono incamerati dal sodalizio trentino.

Nel 1902 la SAT acquistò il terreno dal Comune di Pozza di Fassa e Giuseppe Garbari, pioniere della fotografia in montagna e, all’epoca, direttore del sodalizio, finanziò la costruzione intitolata al professor Torquato Taramelli (Bergamo 1845 – Pavia 1922), celebre geologo e fervente patriota. Fu questa una scelta unica nel suo genere, in quanto venne dedicato un rifugio a persona ancora vivente, tanto che il prof. Taramelli partecipò alla cerimonia inaugurale.

Narrano le cronache che il 9 agosto 1904, di buon mattino, il professore, accompagnato dal fido bassotto Pippo e una nutrita delegazione di soci SAT, del CAI, della Dante Alighieri e del Touring Club Italiano, s’incamminò da Vigo di Fassa lungo la valletta del rio Monzoni. Dopo quattro ore di marcia la comitiva raggiunse i 2.040 metri di quota del caratteristico cocuzzolo che domina l’Alta Val Monzoni, luogo sul quale sorge la nuova struttura “a cubo”. Gli escursionisti furono accolti festosamente con mortaretti e l’Inno al Trentino suonato dalla banda di Pozza. Seguì la Santa Messa officiata dal decano della Valle, don Baldassare Delugan, che: «con nobili parole volle benedire il primo rifugio italiano costruito in quella regione nostra benché contrastata». Al termine un lauto banchetto, bagnato da champagne offerto dal generoso Garbari, e la prolusione di Taramelli. Lo studioso ripercorse le tappe della sua vita e della sua professione, riconoscendo nell’abate Antonio Stoppani il suo maestro. La conclusione, tra slave di applausi, fu dedicata alla SAT, incoraggiandone l’opera alpinistica, scientifica e irredentista. «Un ballo campestre allietato dalla presenza di alcune gentili signore chiuse brillantemente quella indimenticabile giornata».

L’intitolazione a Taramelli fu inevitabile. La zona è infatti ricchissima di minerali e qui geologi e mineralologi sono di casa da sempre, tanto che ancora nel 1874 Emilio Spazzali poteva dichiarare: «…Preferimmo la gita ai Monzoni, luogo classico per la sua importanza geologica, e per le tante visite che ebbe da scienziati di ogni nazione, cominciando dal più grande di tutti [Alexander von] Humboldt… Cento opere speciali in tutte le lingue d’Europa trattano dei Monzoni, ma nessuno senza vederli può farsi un’idea della loro ricchezza… Oltrepassata di poco la cima, ed alcuni strati di ghiaccio e di neve, si giunse ad un posto solitario e deserto. Cessarono i moti arguti, le barzellette, le osservazioni scientifiche, tutti in coro si proruppe in un grido di meraviglia. Il suolo luccicava ai nostri piedi; milioni di cristalli d’ogni forma e dimensione, appartenenti a trenta specie di minerali diversi, coprivano il suolo; pareva che le fate in quell’anfiteatro di rupi avessero dato un festino ai giganti, e quindi fossero sparite gettando le loro gioie» (Emilio Spazzali – “Escursione alpina da Predazzo a Paneveggio”, IN: Annuario SAT, A. 2, 1875).

Durante la Grande Guerra il rifugio Taramelli venne utilizzato come ospedale da campo, nel secondo dopoguerra la gestione venne affidata alla Società di Scienze Naturali e dal 1961 subentrò la SUSAT (Sezione Universitaria della SAT), che lo utilizzò come base per corsi di mineralogia e geologia. Tra gli eminenti studiosi che hanno tenuto questi corsi ricordiamo almeno don Elio Sommavilla e Piero Leonardi dell’Università di Ferrara.

Per alcuni anni la SUSAT tenne aperto il rifugio con una gestione condivisa, grazie al volontariato dei propri soci. Decine di studenti si alternarono in una esperienza ricca di umanità e goliardia che in molti ancora oggi ripensano con nostalgia.

Lo stambecco, re incontrastato del mondo verticale, è una sintesi perfetta di potenza, agilità e spericolatezza: tutte caratteristiche che rendono questo animale una figura quasi magica, perfettamente adattata a muoversi su rocce e pendii vertiginosi. Portati sulla soglia dell’estinzione da una caccia spietata, agli inizi dell’Ottocento gli animali rimasti nel massiccio del Gran Paradiso erano solo 100. L’apporto dovuto alle numerose reintroduzioni nel secolo successivo ha però permesso a questo piccolo nucleo di generare sulle Alpi più di 179 colonie, per un totale di oltre 50.000 esemplari. Nonostante la netta ripresa numerica, la ridotta variabilità genetica e la scarsa attitudine a colonizzare massicci montuosi vicini mantengono, però, lo stambecco in uno stato di vulnerabilità. Attualmente in Trentino sono presenti alcuni nuclei di questo animale fra cui uno abbastanza cospicuo nella zona dei Monzoni-Marmolada, nei pressi dell’itinerario proposto, con oltre 300 esemplari.

Il gruppo dei Monzoni, assieme alle Dolomiti, è forse uno degli angoli delle Alpi più famosi per la storia della geologia, della paleontologia e della mineralogia. Qui, infatti, si diedero appuntamento, a partire da inizio Ottocento, i più grandi studiosi dell’epoca, da von Richthofen a Mojsisovics, da von Buch a Humboldt, da Richter al nostro Taramelli (a cui venne poi dedicato il rifugio). Qui si discussero e dibatterono varie ipotesi e scuole di pensiero, che poi trovarono conferme o smentite a livello accademico.

Nel corso del Triassico medio (230 milioni di anni fa) la regione dolomitica venne sconvolta da una serie di intensi fenomeni geologici che comportarono l’arresto della subsidenza dei fondali marini e sfociarono nel collasso finale della crosta. Ciò comportò la propagazione di tutta una serie di profonde fratture, con conseguente distacco di imponenti frane sottomarine mescolate a lave e tufi e, contemporaneamente, alla risalita di magmi, fino all’effusione e conseguente costruzione di imponenti edifici vulcanici. Si calcola che la nostra regione in quel periodo rappresentava il più importante distretto vulcanico d’Europa, con vulcani che raggiungevano dimensioni da record, mai più superate nel corso delle successive ere. Due grossi apparati vulcanici emergevano dal mare, uno presso l’attuale zona di Predazzo e della Val di San Nicolò e l’altro presso i Monzoni. Da essi e da una miriade di crateri minori si mossero e spesso fuoriuscirono enormi quantità di magma e così si vennero a formare i più svariati prodotti di origine vulcanica quali rocce intrusive, tufi, ceneri, ialoclastiti. I fenomeni si esaurirono nell’arco di un tempo relativamente breve di circa 1-2 milioni di anni.

Nell’area occupata oggi dai Monzoni si diffusero ovunque filoni di magmi che cossero letteralmente le rocce incassanti, donando così a questo lembo di Val di Fassa caratteristiche peculiari non altrove riscontrabili. Da loro deriva anche il nome dato ad una caratteristica roccia magmatica intrusiva: la monzonite. I fenomeni metamorfici scatenati dalle iniezioni di magma hanno inoltre donato alla zona una particolare ricchezza di ricercati e, spesso, unici minerali di considerevole valore collezionistico e scientifico. Il Rifugio “T. Taramelli” è stato proprio edificato su un enorme ammasso di monzonite; il sentiero SAT 604, che sale a monte del Rifugio, corre lungo la zona dove entrarono in contatto le scure rocce vulcaniche (a sud) e le chiare rocce sedimentarie (verso la soprastante Pala di Carpella), offrendo all’escursionista la possibilità di ammirare e studiare il notevole contrasto generato.

“L’Eldorado dei mineralogisti”, così don Luigi Baroli (1853-1905), sacerdote e studioso di geologia, definì le montagne della zona. Infatti, tra le cime dei Monzoni è stata scoperta per la prima volta al mondo la ghelenite, un minerale ricco di alluminio, nonché la fassaite, uno dei minerali più famosi di questa zona e che prende il nome proprio dalla Val di Fassa.

Rifugio Monzoni “Torquato Taramelli”   [SAT]

località quota comune recapiti posti letto locale invernale
Valle dei Monzoni m 2045 San Giovani di Fassa/Sèn Jàn

360 879719

info@rifugiotaramelli.it

www.rifugiotaramelli.it

16 No

Apertura: 20 giugno – 20 settembre

L’idea di costruire un rifugio nel cuore della zona di rilevantissimo interesse geologico, quale il Gruppo Monzoni, risale al 1902. Venne inaugurato il 9 agosto del 1904 e dedicato all’insigne geologo Torquato Taramelli, rendendolo speciale fin da allora: il rifugio non serviva agli arrampicatori perché le cime attorno non presentavano pareti attraenti. Invece attirava i geologi, che venivano a studiare la zona dei Monzoni, “sede dei fenomeni più svariati e meravigliosi”, come ebbe a scrivere un geologo tedesco. Situato sulla linea del fronte, venne utilizzato come ospedale da campo nel corso della prima guerra mondiale. La seconda data importante nella storia del rifugio è l’estate del 1961: è in quell’anno infatti che la gestione del Taramelli venne assunta dalla SUSAT, la Sezione Universitaria della SAT; essa vi organizzò per tre anni dei corsi di divulgazione geologica sotto la direzione del prof. Leonardi. Da allora, e per diverse estati, al rifugio la gestione fu garantita da turni settimanali da parte dei soci della SUSAT. I lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti tra il 1994 e il 1996. Il nuovo rifugio, che mantiene l’originaria struttura a cubo, è stato inaugurato il 14 luglio 1996.